lunedì 29 ottobre 2012

Incentivi alla "Green Energy"

Nella precedente analisi sul mercato italiano dell'energia elettrica abbiamo visto il peso degli incentivi alle rinnovabili sulla bolletta, ma non è stato spiegato cosa sono, che tipo di incentivi sono, quanti sono (ci sono parecchie tipologie) e soprattutto se sono utili o meno alla "causa green".

Cosa sono?
Si tratta di incentivi volti alla promozione della produzione di energia da fonti rinnovabili e assimilate, classificati in bolletta sotto la voce A3, pagati da tutti gli utenti finali e il cui gettito serve appunto ad incentivare la produzione da fonti rinnovabili (eolica, idrica, solare, fotovoltaica, geotermica, biomasse o termovalorizzazione dei rifiuti) o da fonti assimilate (quelli di cogenerazione cioè la produzione combinata di energia elettrica e calore, quelli che utilizzano forme di energia recuperabile in processi e impianti produttivi, quelli che usano gli scarti di lavorazione e/o di processi e quelli che utilizzano fonti fossili prodotte solo da piccoli giacimenti isolati). In generale fanno parte dei prezzi incentivati stabiliti dalla delibera del Comitato Interministeriale Prezzi n.6 del 1992 (c.d. CIP6); più nello specifico ci si riferisce al Conto Energia, di solito.
L'incentivo in questione consiste nell'acquisto dell'energia prodotta da tali impianti da parte del Gestore dei Servizi Elettrici (GSE) a condizioni economiche vantaggiose per il produttore, mentre la differenza tra i costi sostenuti dal GSE per l'acquisto di questa energia e i ricavi ottenuti dallo stesso GSE per la sua rivendita agli operatori grossisti del mercato è coperta dai proventi della componente A3. 

La produzione delle rinnovabili
Andando ad esaminare la produzione netta di energia, cioè  la somma delle quantità di energia elettrica prodotte misurate in uscita dagli impianti deducendo cioè la quantità di energia elettrica destinata ai servizi ausiliari della produzione (servizi ausiliari di centrale e perdite nei trasformatori di centrale), si nota che nel 2011 la quota dell'eolico, del fotovoltaico e dell'idroelettrico è stata del 23% (totale dei tre), in particolare con l'idroelettrico che rappresenta il 16% circa, seguita dal fotovoltaico, 3,7%, e dall'eolico, 3,3%.

Grafico 1.1 Produzione netta delle fonti rinnovabili in percentuale sulla produzione netta totale del 2011




Le varie tipologie di meccanismi e servizi incentivanti...

Il Conto Energia
Si tratta del meccanismo di incentivazione dell'energia prodotta da impianti fotovoltaici. In particolare l'ultimo incentivo approvato è il Quinto Conto Energia, che prevede una spesa totale massima di 6,7 miliardi come tetto massimo. 
Le categorie di impianti che beneficiano di questi vantaggi riguardano impianti fotovoltaici, impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative e impianti fotovoltaici a concentrazione; tra questi, le categorie che possono accedere direttamente alle tariffe incentivanti mediante accesso diretto sono: 
  • impianti fotovoltaici di potenza fino a 50 kW realizzati su edifici con moduli installati in sostituzione di coperture su cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto;
  • impianti fotovoltaici di potenza non superiore a 12 kW, inclusi gli impianti realizzati a seguito di rifacimento, nonché i potenziamenti che comportano un incremento della potenza dell'impianto non superiore a 12 kW;
  • impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative (BIPV) fino al raggiungimento di un costo indicativo cumulato degli incentivi di 50 ML€;
  • impianti fotovoltaici a concentrazione (CPV) fino al raggiungimento di un costo indicativo cumulato degli incentivi di 50 ML€;
  • impianti fotovoltaici realizzati da Amministrazioni Pubbliche mediante svolgimento di procedure di pubblica evidenza, fino al raggiungimento di un costo indicativo cumulato degli incentivi di 50 ML€;
  • impianti fotovoltaici di potenza superiore a 12 kW non superiore a 20 kW, inclusi gli impianti realizzati a seguito di rifacimento, nonché i potenziamenti che comportano un incremento della potenza dell'impianto superiore a 12 kW e non superiore a 20 kW, che richiedono una tariffa ridotta del 20% rispetto a quella spettante ai pari impianti iscritti al Registro.

Gli impianti che non rientrano in queste categorie invece devono iscriversi in appositi Registri tenuti dal GSE, così che rientrino nei seguenti limiti massimi di costo indicativo cumulato annuo degli incentivi: 1° registro, 140 milioni di euro; 2° registro, 120 milioni di euro; registri successivi, 80 milioni di euro a registro.
In ogni caso il Quarto Conto Energia continua ad applicarsi per i piccoli impianti fotovoltaici, gli impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative e gli impianti a concentrazione che entrano in esercizio prima del 27 agosto 2012; inoltre ai grandi impianti iscritti in posizione utile nei Registri e che producono la certificazione di fine lavori entro 7 mesi (o 9 mesi per impianti di potenza superiore a 1 MW) dalla pubblicazione della relativa graduatoria; agli impianti realizzati sugli edifici pubblici e su aree delle Amministrazioni Pubbliche, che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2012.
Le tariffe incentivanti in questione consistono in una tariffa omnicomprensiva, determinata a seconda della potenza e tipologia dell'impianto, (per gli impianti di potenza nominale fino a 1 MW) sulla quota di produzione netta immessa in rete; per gli impianti di potenza nominale superiore corrisponde invece alla differenza, se positiva, fra la tariffa omnicomprensiva e il prezzo zonale orario (nei casi in cui il prezzo zonale orario sia negativo, tale differenza non può essere superiore alla tariffa omnicomprensiva applicabile all’impianto in funzione della potenza, della tipologia e del semestre di riferimento), sempre in base alla quota netta di produzione immessa in rete; infine viene in generale attribuita una tariffa premio sulla quota di produzione netta consumata in sito. 
La tariffa spettante è quella vigente alla data di entrata in esercizio dell’impianto e, a partire da tale data, è riconosciuta per un periodo di 20 anni e rimane costante in moneta corrente per tutto il periodo dell’incentivazione.
(In generale gli impianti fotovoltaici possono richiedere solo gli incentivi del Conto Energia, non Certificati Verdi o Tariffa Onnicomprensiva, di cui parlerò più avanti).

Premio di efficienza energetica
Si tratta appunto di un premio che può raggiungere il 30% della tariffa base, riconosciuto a decorrere dall’anno solare successivo alla data di presentazione della richiesta e per il periodo residuo di diritto alla tariffa incentivante, che è rivolto a titolari di impianti fotovoltaici rientranti nella tipologia di piccoli impianti su edifici o gli impianti fotovoltaici integrati con caratteristiche innovative di potenza fino a 1MW. 
Il premio è riconosciuto: per interventi di riqualificazione energetica sull’involucro edilizio dell’edificio o unità immobiliare su cui è ubicato l’impianto fotovoltaico, che devono determinare una riduzione di almeno il 10% di entrambi gli indici di prestazione energetica estiva e invernale dell’involucro edilizio relativi all’edificio o all’unità immobiliare (Il premio consiste in una maggiorazione percentuale della tariffa riconosciuta in misura pari alla metà della percentuale di riduzione del fabbisogno di energia conseguita e dimostrata); per impianti fotovoltaici realizzati su edifici di nuova costruzione, ovvero per cui sia stato ottenuto il pertinente titolo edilizio (richiesta di accatastamento o certificato di agibilità) in data successiva a 13 maggio 2011 (Il premio consiste in una maggiorazione percentuale della tariffa nella misura del 30%, qualora i predetti edifici conseguano, sulla base di idonea certificazione, una prestazione energetica per il raffrescamento estivo dell’involucro di almeno il 50% inferiore ai valori minimi indicati nonché una prestazione energetica per la climatizzazione invernale di almeno il 50% inferiore ai valori minimi).

Solare termodinamico
Oltre che per il fotovoltaico è presente un'incentivazione anche per impianti solari termodinamici, la cui energia viene remunerata come tariffa incentivante per un periodo di 25 anni (D.M. 11 aprile 2008). 
Gli impianti di questo tipo per avere accesso agli incentivi devono esssere dotati di un sistema di accumulo termico con capacità nominale di accumulo non inferiore a 1,5 kWh termici per ogni metro quadrato di superficie captante, non utilizzare  come fluido termovettore o come mezzo di accumulo sostanze e preparati classificati come tossici, avere una superficie captante dell’impianto solare termodinamico è superiore a 2500 m2.
Inoltre il  limite massimo di potenza incentivabile è pari a 1.500.000 mdi superficie captante e le tariffe sono differenziate in base alla frazione d’integrazione della produzione non attribuibile alla fonte solare (la percentuale di energia elettrica prodotta annualmente da fonte non solare); per cui anche nel caso di impianti ibridi quello che conta per usufruire degli incentivi è l'energia rinnovabile prodotta (solo quella). In particolare nel caso in cui la FS (frazione solare) sia maggiore del 85% la tariffa è di 0,28 euro/kWh, 0,25 euro se compresa tra il 50% e 85%, e 0,22 euro se inferiore al 50%.
Un' ultima precisazione: nel caso di impianto solare termodinamico ibrido in cui la fonte di integrazione sia costituita da altra fonte rinnovabile, le tariffe incentivanti sono cumulabili con gli incentivi spettanti alla produzione di energia da fonte rinnovabile calcolate sulla quota parte relativa alla fonte di integrazione stessa (certificati verdi, tariffa omnicomprensiva).


Altre FER
Per quanto riguarda invece altre Fonti Energetiche Rinnovabili (FER), il D.M. 6 luglio 2012 stabilisce un tetto massimo di 5,8 miliardi per tutte le tipologie di impianti rinnovabili, ma diversi dal fotovoltaico, nonché contingenti annuali di potenza incentivabile.
Gli incentivi in questione sono riconosciuti sulla produzione di energia elettrica netta immessa in rete dall’impianto, per cui quella autoconsumata non ha ne beneficia; la produzione netta immessa in rete è il minor valore tra la produzione netta dell'impianto e l'energia elettrica effettivamente immessa in rete. 
I meccanismi incentivanti sono due: una tariffa incentivante omnicomprensiva per gli impianti di potenza fino a 1 MW, determinata dalla somma tra una tariffa incentivante base (a seconda della fonte, della tipologia impianto e della classe di potenza) e l’ammontare di eventuali premi (come cogenerazione ad alto rendimento, riduzione emissioni, etc.);  oppure un incentivo per gli impianti di potenza superiore a 1 MW e per quelli di potenza fino a 1 MW che non optano per la tariffa omnicomprensiva, calcolato come differenza tra la tariffa incentivante base (a cui vanno sommati eventuali premi a cui ha diritto l’impianto) e il prezzo zonale orario dell’energia (riferito alla zona in cui è immessa in rete l’energia elettrica prodotta dall’impianto).
In ogni caso le tariffe si riducono del 2% per ciascuno degli anni successivi fino al 2015, fatte salve le eccezioni previste nel caso di mancato raggiungimento dell’80% della potenza del contingente annuo previsto per i registri e per le aste.
Sempre a seconda della tipologia e della potenza  dell'impianto vi sono quattro modalità diverse di accesso agli incentivi: 
  1. Accesso diretto: nel caso di interventi di nuova costruzioneintegrale ricostruzioneriattivazione o potenziamento con potenza non superiore ad un determinato limite, per determinate tipologie di fonte o per specifiche casistiche;
  2. Iscrizione a Registri: in posizione tale da rientrare nei contingenti annui di potenza incentivabili, nel caso di nel caso di interventi di nuova costruzioneintegrale ricostruzioneriattivazione o potenziamento con potenza superiore a quella massima ammessa per l’accesso diretto agli incentivi e non superiore al valore di soglia oltre il quale è prevista la partecipazione a procedure di Aste competitive al ribasso;
  3. Iscrizione a Registri per gli interventi di rifacimento: così da rientrare nei relativi contingenti annui di potenza incentivabile, nel caso di rifacimenti di impianti la cui potenza successiva all’intervento è superiore a quella massima ammessa per l’accesso diretto;
  4. Aggiudicazione degli incentivi partecipando a procedure competitive di Aste al ribasso: gestite dal GSE esclusivamente per via telematica, nel caso di interventi di nuova costruzioneintegrale ricostruzione,riattivazione o potenziamento con potenza superiore a un determinato valore di soglia (10 MW per gli impianti idroelettrici, 20 MW per gli impianti geotermoelettrici e 5MW per gli altri impianti a fonti rinnovabili);

Lo Scambio sul Posto
E' un particolare meccanismo che permette al soggetto titolare dell'impianto di immettere in rete l’energia elettrica prodotta ma non direttamente autoconsumata, per poi prelevarla in un momento differente da quello in cui avviene la produzione; permette di ottenere una compensazione tra il valore economico associabile all’energia elettrica prodotta e immessa in rete e il valore economico associabile all’energia elettrica prelevata e consumata in un periodo differente da quello in cui avviene la produzione, tramite l'erogazione di un contributo in conto scambio (CS), un contributo che garantisce il rimborso (“ristoro”) di una parte degli oneri sostenuti dall’utente per il prelievo di energia elettrica dalla rete (determinato a seconda delle condizioni stabilite dalla Delibera ARG/elt 74/08). 
I soggetti che possono accedere a questo servizio sono i titolari di impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza fino a 20 kW; fino a 200 kW (se entrati in esercizio dopo il 31  dicembre 2007); di cogenerazione ad alto rendimento di potenza fino a 200 kW.
(Ai fini dell’erogazione del servizio di scambio sul posto, il punto di prelievo e il punto di immissione possono non coincidere nel caso in cui gli impianti siano alimentati da fonti rinnovabili e l’utente dello scambio sia un Comune con popolazione fino a 20.000 residenti, ovvero un soggetto terzo mandatario del medesimo Comune, ferma restando la proprietà degli impianti in capo al Comune, oppure il Ministero della Difesa, ovvero un soggetto terzo mandatario del medesimo Ministero).



Il Ritiro Dedicato
Consiste nella possibilità per i produttori di cedere l'energia elettrica immessa in rete, in alternativa ai contratti bilaterali o alla vendita diretta in borsa, al GSE (che corrisponde un prezzo per ogni kWh "ritirato"); il GSE agisce perciò come agente che ritira l'energia e la rivende sul mercato, agendo  in sostituzione del produttore verso il sistema elettrico, tanto per la compravendita di energia quanto per i principali servizi connessi.
In questo caso la platea dei beneficiari viene ampliata, infatti possono accedere a questa agevolazione impianti, rinnovabili o meno, con queste caratteristiche:
  • potenza apparente nominale inferiore a 10 MVA alimentati da fonti rinnovabili, compresa la  produzione imputabile delle centrali ibride;
  • potenza qualsiasi per impianti che producano energia elettrica dalle seguenti fonti rinnovabili: eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica (limitatamente agli impianti ad acqua fluente); potenza apparente nominale inferiore a 10 MVA alimentati da fonti non rinnovabili, compresa la produzione non imputabile delle centrali ibride; 
  • potenza apparente nominale uguale o superiore a 10 MVA, alimentati da fonti rinnovabili diverse dalla fonte eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice e idraulica, limitatamente, per quest’ultima fonte, agli impianti ad acqua fluente, purché nella titolarità di un autoproduttore.
L’energia elettrica immessa in rete dai produttori e ritirata dal Gestore dei Servizi Energetici con il meccanismo del ritiro dedicato viene valorizzata dal GSE al “prezzo medio zonale orario”, ovvero al prezzo medio mensile per fascia oraria - formatosi sul mercato elettrico - corrispondente alla zona di mercato in cui è connesso l’impianto.
I produttori di piccola taglia, con impianti di potenza nominale elettrica fino a 1 MW, possono ricevere dal GSE una remunerazione garantita (prezzi minimi garantiti) per i primi 2 milioni di kWh annui immessi in rete, senza pregiudicare la possibilità di ricevere di più nel caso in cui la remunerazione a prezzi orari zonali dovesse risultare più vantaggiosa.
Alla fine di ogni anno, il GSE riconosce un conguaglio a favore degli impianti per i quali il ricavo associato ai prezzi orari zonali risulti più elevato di quello risultante dall’applicazione dei prezzi minimi garantiti. Inoltre dal 2012 l’AEEG ha previsto una variazione nella determinazione dei prezzi minimi garantiti, che saranno differenziati per fonte rinnovabile utilizzata.


IAFR
Ovvero Impianto Alimentato da Fonti Rinnovabili, è un requisito necessario per ottenere Certificati Verdi o per accedere alla Tariffa Onnicomprensiva (entrambi esaminati successivamente). Solo gli impianti  alimentati da fonti rinnovabili, anche ibridi, possono richiedere la Qualifica IAFR.


E' un meccanismo di incentivazione, alternativo ai Certificati Verdi (di cui parlerò a breve), riservato agli impianti qualificati IAFR, di potenza nominale media annua non superiore ad 1 MW, o 0,2 MW per gli impianti eolici (il solare è escluso, come già accennato).
La tariffa viene riconosciuta per un periodo di 15 anni, durante il quale resta fissa, in funzione della quota di energia immessa in rete, per tutti gli impianti che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2012; è detta “onnicomprensiva” in quanto il suo valore include una componente incentivante e una componente di valorizzazione dell’energia elettrica immessa in rete. 
Sino al termine del periodo di incentivazione, la tariffa costituisce l’unica fonte di remunerazione, ma terminato il periodo di incentivazione rimane la possibilità di valorizzare l’energia elettrica prodotta, alle condizioni economiche previste dall’articolo 13 del D.lgs. 387/03. 
La tariffa è di 30 cent/kWh per energia eolica da impianti di taglia inferiore ai 200 kw, 20 cent da fonte geotermica, 34 cent da moto ondoso/maremotrice, 22 cent idraulica, 28 cent biogas e biomassse, 18 cent gas di scarica - biocombustibili - gas residuati da depurazioni (la tariffa si applica a una quota parte o a tutta l’energia immessa in rete a seconda della tipologia di intervento impiantistico realizzato: nuova costruzione, riattivazione, rifacimento e potenziamento). 
Prerequisito per accedere a questa tariffa è la qualifica di Impianti Alimentato da Fonti Rinnovabili.

(Gli impianti che accedono agli incentivi previsti dal Quinto Conto Energia e dagli incentivi per altre FER non possono accedere al servizio dello Scambio sul Posto, del Ritiro Dedicato, Certificati Bianchi o Verdi, o alla Tariffa Omnicomprensiva; a loro volta questi ultimi tre servizi non sono compatibili l'uno con l'altro).

Certificati Verdi
Si tratta di titoli negoziabili di validità triennale, rilasciati dal GSE in misura proporzionale all’energia prodotta da un impianto qualificato IAFR, entrato in esercizio entro il 31 dicembre 2012, in numero variabile a seconda del tipo di fonte rinnovabile e di intervento impiantistico realizzato (nuova costruzione, riattivazione, potenziamento e rifacimento).
Il meccanismo di incentivazione con i Certificati Verdi si basa sull’obbligo, a carico dei produttori e degli importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere annualmente nel sistema elettrico nazionale una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili. 
Il possesso dei Certificati Verdi dimostra l’adempimento di questo obbligo, infatti ogni Certificato Verde attesta convenzionalmente la produzione di 1 MWh di energia rinnovabile; l’obbligo può essere rispettato in due modi: immettendo in rete energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili oppure acquistando i Certificati Verdi dai produttori di energia rinnovabile.
I Certificati sono rilasciati moltiplicando l'energia netta riconosciuta per determinati coefficienti a seconda della fonte (questa operazione viene fatta a consuntivo, in base all'energia netta prodotta nell'anno precedente, o a preventivo, in base alla producibilità netta attesa).

E' un particolare onere che riguarda importatori o produttori di energia da fonti non rinnovabili per più di 100 GWh, che prevede l'obbligo appunto di immettere nel sistema elettrico nazionale, nell'anno successivo, una quota di energia prodotta da impianti con fonti rinnovabili (IAFR).
Il calcolo del numero di certificati verdi da immettere nel sistema elettrico nazionale avviene moltiplicando la produzione e l’importazione soggetta ad obbligo ed eccedente i 100 GWh, per la quota percentuale obbligatoria dell’anno di riferimento.

La Condizione di Alto Rendimento è un riconoscimento delle unità prodotte tramite cogenerazione, che rispettino però determinati vincoli in termini di risparmio energetico (vincoli stabiliti dal Dlgs 20 del 2007, D.M. 4 agosto 2011 e D.M. 5 settembre 2011); una unità di cogenerazione è definita ad alto rendimento, se il valore del Risparmio di Energia Primaria (PESè almeno del 10% oppure se assume un qualunque valore positivo, anche nel caso di piccola cogenerazione (< 1 MWe) o micro-cogenerazione (< 50 kWe). Il calcolo del PES si effettua secondo i criteri stabiliti dal DM 4 agosto 2011.
Il regime di sostegno in questione consiste nel rilascio di un totale di Certificati Bianchi di Tipologia II (ne parlerò a breve) in misura pari al risparmio di energia primaria conseguito nell'anno; vi possono accedere le unità di cogenerazione entrate in esercizio come nuove unità o rifacimenti di unità esistenti a partire dal 7 marzo 2007, per un periodo di 10 anni (15 per le unità abbinate a reti di teleriscaldamento) a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello di entrata in esercizio, oppure le unità di cogenerazione entrate in esercizio dopo il 1° aprile 1999 e prima del 7 marzo 2007 (per queste unità il periodo di incentivazione è di 5 anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del DM 5 settembre 2011 e il numero dei Certificati Bianchi spettanti è pari al 30% di quello previsto dal DM 5 settembre 2011). Il vantaggio consiste inoltre nell'esonero dall’obbligo di acquisto dei certificati verdi previsto per i produttori e gli importatori di energia elettrica con produzioni e importazioni annue da fonti non rinnovabili eccedenti i 100 GWh, agevolazioni fiscali sull’accisa del gas metano utilizzato per la cogenerazione, possibilità di accedere al servizio di scambio sul posto dell’energia elettrica prodotta da impianti di Cogenerazione ad Alto Rendimento con potenza nominale fino a 200 kW e altre ancora (qui indicate). 

Certificati Bianchi
Titoli di Efficienza Energetica (TEE), anche noti come certificati bianchi, sono titoli negoziabili che certificano i risparmi energetici negli usi finali di energia, ma solo per specifici operatori e soggetti professionali. Il meccanismo si fonda sull’obbligo, per le aziende distributrici di gas e/o di energia elettrica con più di 50.000 clienti finali, di conseguire un obiettivo annuo prestabilito di risparmio energetico, obiettivo certificato tramite l’emissione di un opportuno numero di Titoli di Efficienza Energetica da parte del Gestore dei Mercati Energetici (GME).
L’energia risparmiata si misura in “tep” (tonnellate equivalenti di petrolio) e corrisponde all’energia sviluppata dalla combustione di una tonnellata di petrolio. Un certificato bianco corrisponde al risparmio di 1 tep.
A seconda del tipo di energia risparmiata (energia elettrica, gas, combustibili) si distinguono cinque tipologie di TTE:
  • Titoli di tipo I: attestanti il conseguimento di risparmi di energia attraverso una riduzione dei consumi di energia elettrica;
  • Titoli di tipo II: attestanti il conseguimento di risparmi di energia attraverso una riduzione dei consumi di gas naturale;
  • Titoli di tipo III: attestanti il conseguimento di risparmi di forme di energia diverse dall’elettricità e dal gas naturale, non destinate all’impiego per autotrazione (ad esempio risparmio di olio combustibile o di gasolio);
  • Titoli di tipo IV: attestanti il conseguimento di risparmi di forme di energia diverse dall’elettricità e dal gas naturale, realizzati nel settore dei trasporti;
  • Titoli di tipo V: attestanti il conseguimento di risparmi di forme di energia primaria diverse dall’elettricità e dal gas naturale, realizzati nel settore dei trasporti e valutati attraverso modalità diverse da quelle previste per i titoli di tipo IV.
Le aziende distributrici di elettricità e gas possono assolvere al proprio obbligo realizzando interventi che danno diritto ai certificati bianchi, direttamente presso gli utenti finali, oppure acquistando i TEE sul mercato dei Titoli di Efficienza Energetica organizzato dal GME (l’offerta di titoli sul mercato può essere data dai cosiddetti “soggetti volontari”, i quali realizzano interventi di risparmio energetico presso gli utenti finali e vendono i certificati bianchi ottenuti ai soggetti obbligati); per cui i Certificati Bianchi in possesso dell'operatore possono essere scambiati sul mercato (a un prezzo variabile) oppure ritirati dal GSE (a prezzo fisso, 93,68 €/tep per le unità di cogenerazione entrate in esercizio nell’anno 2011 o in anni precedenti, e 86,98 €/tep per le unità di cogenerazione entrate in esercizio nell’anno 2012). 

Oltre a questi meccanismi incentivanti, per lo più obbligatori, troviamo altre tre certificazioni che hanno invece carattere volontario:
  1. Garanzia di Origine (GO): una certificazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabilirilasciata su richiesta del produttore, che consente ai produttori di energia elettrica che utilizzano fonti energetiche rinnovabili di dimostrare l’origine dell’energia da essi venduta (solo per provare ai clienti finali la quota o la quantità di energia da fonti rinnovabili nel proprio mix energetico) Una volta ottenuta l’identificazione tecnica dell’impianto (IRGO) gli Operatori possono chiedere annualmente al GSE il rilascio della GO dell’energia elettrica prodotta (rilascio, trasferimento e annullamento avvengono in maniera elettronica). Utilizzabile anche per la certificazione CAR.
  2. Certificati RECS: costituiscono uno schema di certificazione per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile supportato dallo standard internazionale (gestito dall’AIB) e sono uno strumento volontario di certificazione dell’energia elettrica prodotta da fonte rinnovabile, scambiabile in modo separato rispetto all’energia sottostante. Ogni certificato RECS ha taglia di 1 MWh.
    Sono nati per favorire lo scambio internazionale di Green Certificates a livello europeo.
    I certificati RECS possono essere utilizzati a compensazione di una fornitura di energia elettrica, e possono essere richiesti da
     tutti produttori di energia rinnovabile e trader di energia elettrica.
    L’utilizzatore del certificato (utente finale) mediante il suo acquisto e successivo annullamento (ritiro del certificato dal mercato), anche separatamente dall’erogazione fisica dell’elettricità, testimonia il suo impegno a favore dell’ambiente.
  3. Certificati CO-FER: Il titolo CO-FER è una certificazione che attesta l’origine rinnovabile delle fonti utilizzate dagli impianti qualificati ICO-FER per la produzione dell’energia elettrica. Ogni titolo è pari a 1 MWh e viene rilasciato sulla base dell’energia elettrica immessa in rete dagli impianti qualificati ICO-FER; i certificati possono essere, inoltre, trasferiti dai produttori alle imprese di vendita, anche attraverso un trader. La qualifica ICO-FER può essere richiesta dai produttori che hanno la disponibilità di impianti alimentati da fonti rinnovabili ad esclusione di quelli ricompresi nei provvedimenti CIP6, di Scambio sul Posto o che comunque hanno un rapporto contrattuale con il GSE, come gli impianti qualificati IAFR  (perché vengono qualificati ICO direttamente dal GSE anche se non richiedono tale qualifica).

(In generale, ad eccezione dei Certificati Bianchi, per tutti gli altri incentivi o servizi se ne occupa il GSE)

Un breve excursus sui meccanismi anti-inquinamento europei...
Oltre a questi incentivi e servizi di carattere nazionale è presente a livello europeo uno dei meccanismi più famosi (spesso associato al settore inquinamento), per disciplinare l'inquinamento e la sua riduzione: un sistema (europeo) di Cap&Trade, strumento molto utili nel caso di esternalità negative dal lato della produzione, cioè attività che influenzano in modo negativo (o positivo) il benessere di altri individui senza che questi ultimi siano indennizzati o senza che questo soggetto paghi alcun costo/tassa. In situazioni di questo tipo una delle soluzioni maggiormente condivise è l'attribuzione e distribuzione di diritti di proprietà tra gli interessati, in modo che il soggetto, per poter continuare a generare un'esternalità negativa, debba sostenere costi maggiori come compensazione. 
In pratica si tratta di un sistema europeo di Cap&Trade (EU ETS), nato in funzione degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kioto (e del Pacchetto 20-20-20), che prevede la distribuzione tra i soggetti coinvolti di titoli commerciabili a titolo oneroso tramite un meccanismo ad asta (per incentivare efficienza e trasparenza nel prezzo), e l'istituzione di un mercato che favorisca l'incontro tra chi domanda e chi vende "permessi di emissione" (permessi CO2) e la formazione di un prezzo il più possibile adeguato e di equilibrio, avendo però un tetto massimo di permessi (Cap) annuo via via minore, così da disincentivare l'esternalità in questione (inquinamento) favorendo l'innovazione e l'efficienza. 
Saranno collocate tramite asta le quote europee per gli impianti fissi (European Union Allowances –EUA) e le quote europee per il settore aviazione (European Union Allowances Aviation EUAA) non assegnate a titolo gratuito (circa metà delle quote EUA in circolazione nel sistema sarà assegnato tramite asta, ovvero circa 1 miliardo annualmente); per il settore dell’aviazione saranno collocate all’asta circa il 15% delle relative quote (EU Aviation Allowances - EUAAs), ovvero 30 milioni l’anno, già a partire dal 2012. 
L’88% delle quote da collocare tramite asta saranno distribuite sulla base delle emissioni del periodo 2005-2007; 10% saranno ripartite agli Stati membri tenendo in considerazione il più basso livello di PIL per capita in connessione con elevate prospettive di crescita in termini economici e di emissioni; un 2% sarà distribuito agli Stati membri che nel 2005 hanno raggiunto almeno l’obiettivo del -20% delle emissioni rispetto all’anno base. Dal 2013, il metodo d’asta diverrà il criterio principale per l’assegnazione delle quote di emissione (EUA) nel sistema EU ETS, salvo per il settore aviazione e per i settori manifatturieri esposti alla concorrenza internazionale. 
I soggetti coinvolti sono identificati dalla Direttiva ETS, e dovranno partecipare alle aste per coprire il proprio fabbisogno di emissioni; saranno in particolare coinvolti i produttori di elettricità che dal 2013 non riceveranno più quote gratuitamente, eccetto in Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia e Romania che potranno continuare a beneficiare parzialmente dell’assegnazione a titolo gratuito per esigenze legate al rinnovamento del parco di generazione elettrica da termoelettrica. I settori interessati sono questi, indicati sul sito del GSE:





In generale in Europa gli impianti sottoposti a vincoli di emissioni ai sensi della Direttiva EU ETS sono gli impianti energivori (raffinerie, cokerie, impianti di combustione con potenza termica nominale superiore a 20 MW); impianti di trasformazione dei minerali metallici (ghisa ed acciaio, metalli ferrosi, alluminio, metalli non ferrosi); impianti per la trasformazione di prodotti non minerali (clinker, cemento, calce viva); impianti per la trasformazione della carta, cartone e pasta per carta; il settore chimica (nerofumo, acidi, ammoniaca, idrogeno, carbonato di sodio); cattura, stoccaggio e trasporto di anidride carbonica; settore dell’aviazione.
(Per approfondire il funzionamento del sistema europeo, la voce di Wikipedia e relative fonti citate, sono molto dettagliate).

Critiche

Ce ne sono parecchie a dire il vero (ecco le meglio articolate: uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove e dieci). In sintesi:

  1. Il costo di questi sussidi viene scaricato sulla bolletta (ne ho parlato già in questo post) e in particolare il fatto che in Germania il costo per unità di potenza sia circa la metà del nostro dimostra che sono stati mal indirizzati
  2. L'enorme ammontare di incentivi, solo da quest'anno in riduzione, ha permesso ai produttori di godere di profitti altissimi senza ricambiare con un altrettanto grande produzione elettrica
  3. La domanda è ormai in calo costante da qualche anno, per cui questo vuol dire che gli impianti meno efficienti e più vecchi vengono chiusi, per cui l'efficienza in termini generali e in termini di prezzo sta già favorendo l'efficientamento del sistema elettrico (non servono miliardi in più perciò, visto che comunque con o senza rinnovabili vi sarà comunque una riduzione di inquinamento per via della minore domanda e quindi offerta)
  4. Nonostante questo calo di domanda, noi stiamo continuando ad incentivare processi che sostituiscono fonti che costano 60-65 euro a MWh con fonti che costano 430-450 euro a MWh, con conseguenze per il tenore di vita e la competitività industriale italiana enormi
  5. L’apporto che la nostra produzione fotovoltaica darà al miglioramento della qualità dell’aria del pianeta può ritenersi pressoché nullo, e comunque straordinariamente caro; infatti si stima che ridurre una tonnellata di CO2 producendo energia fotovoltaica costi attorno a mille dollari, mentre sul mercato europeo il prezzo è di 8 dollari.
  6. Vi è una forte variabilità della produzione fotovoltaica ed eolica, la produzione fotovoltaica è concentrata nelle ore centrali del giorno e maggiormente presente in alcune Regioni come la Puglia. Se la rete non riesce ad assorbirla, l’energia prodotta non viene ritirata dalla Terna ma è ugualmente pagata (come già avviene per l’eolico), inoltre le energie rinnovabili hanno comunque precedenza per accesso alla rete quindi quando queste producono, le termoelettriche devono chiudere, salvo poi essere pronte a ripartire la sera, se cala il vento o quando il cielo si rannuvola. Questo genera costi e inefficienze enormi
  7. All'inizio saranno soprattutto i produttori cinesi e in parte tedeschi ad avvantaggiarsene, perché loro hanno la tecnologia in questione, in termini di competenze e componenti, mentre a noi rimane solo il settore del montaggio/assemblaggio (settore molto "labour intensive" ma poco utile in termindi "know how")
  8. Con il Quinto Conto Energia l'Italia ha seguito (in ritardo) l'esempio di molti altri paesi, compresi Spagna e Germania, che hanno cominciato a ridurre gli incentivi alla green economy perché distorsivi, poco utili in termini di maggiore produzione rinnovabile e usufruite in maggioranza dalle grandi aziende estere.
  9. Si ripresenta il solito problema italiano: l'incremento della pressione "burocratica" sul settore elettrico intero, nonché la costante battaglia tra i costruttori/produttori e i cittadini contrari a vedere il proprio paesaggio deturpato da pale eoliche e quant'altro (con il conseguente ricorso al TAR per qualunque progetto)
  10. La progressiva diminuzione di utilizzo degli impianti convenzionali ne farà aumentare i costi rendendo poco conveniente continuare a produrre; questo è un problema per l'Italia, visto che comunque continuiamo a dipendere da fonti termoelettriche (gas, carbone e petrolio)
  11. Lo sviluppo del settore rinnovabile è stato troppo rapido in questi anni, da noi e in Europa, favorendo uno sviluppo "sbagliato" dell'industria, che si è concentrata sui segmenti poco redditizi e innovativi del settore in questione, lasciando il conto da pagare a tutti gli altri settori (maggioritari) presenti nel nostro sistema industriale
  12. Mantenere un settore con il costante contributo di incentivi è penalizzante e distruttivo per quest'ultimo, perché poi non sarà più in grado di competere sul mercato una volta interrotto il contributo (deve imparare a stare in piedi con le proprie gambe)

Conclusioni
Effettivamente la maggior parte di queste critiche sono fondate e/o basate su dati inattaccabili, il problema (come nel precedente post sulla Tobin Tax) è "a monte", bisogna cioè partire dalle basi dell'argomento:

a) Se si ritiene meritevole il fatto che lo Stato finanzi lo sviluppo del comparto elettrico da rinnovabile (quindi se si considera l'incentivo alla tecnologia rinnovabile come un bene meritorio) e si è d'accordo con l'utilizzo di un meccanismo di tipo incentivante piuttosto che su un sistema sanzionatorio (per esempio la tassa sulle emissioni), allora si tratta solo di definire nei particolari come dovrebbe funzionare tale meccanismo.

b) Se invece si ritiene poco/nulla efficiente o utile l'uso di incentivi e/o l'importanza delle fonti rinnovabili nel mix energetico italiano è evidente che manca del tutto il presupposto di partenza, per cui è necessario ripartire da una discussione generale sull'argomento

Personalmente sono favorevole allo sviluppo della tecnologia di produzione elettrica da fonte rinnovabile, con la precisazione però che avendo un "budget" limitato preferirei concentrarmi (almeno per i prossimi 5 anni) sull'eolico e fotovoltaico (o impianti ibridi), tralasciando in parte la tecnologia biogas-biomasse (poco promettente per ora), idraulica (già abbastanza sviluppata), geotermica (troppo costosa) e delle maree (promettente sì, ma ancora embrionale e sconosciuta nel panorama italiano).
Concordo inoltre sul meccanismo degli incentivi, quale sistema utilizzato per favorire il settore, perché ritengo che in generale un sussidio (*) sia più apprezzato, quindi più efficace e meglio recepito di una sanzione, a meno che non si tratti di obiettivi urgenti o troppo importanti per essere delegati a meccanismi di questo tipo (per esempio parlando di tematiche che non riguardino settori fondamentali come sicurezza, difesa, giustizia ecc...); considerando poi il contesto italiano, in particolare il livello di evasione e la diffusione della criminalità organizzata, penso sarebbe difficile imporre obblighi e sanzioni derivanti da norme di tipo Command and Control oppure in stile Carbon Tax, a individui che già oggi commettono reati ben più gravi quali l'evasione fiscale e contributiva, il riciclaggio, la violazione di norme in materia sanitaria-ambientale ecc (è chiaro che non riguarda tutti, però ne rappresenta una fetta consistente).
Ora che ho dato il mio "sostegno" al settore rinnovabile e alla sua incentivazione con modalità "positive" (tramite sussidio), dobbiamo entrare nel dettaglio della attuale situazione nazionale in questo campo. 
Bisogna riconoscere che, come ho anticipato, molte delle critiche sopra riportate sono condivisibili; io stesso credo che l'attuale legislazione abbia mal concepito e distribuito parte degli attuali sussidi, infatti quando si è cominciato a "fare sul serio" con i primi Conto Energia (dal 2005/2006 in poi) si sarebbero dovuto dapprima incentivare maggiormente i segmenti di ricerca e sviluppo (R&S) del settore, piuttosto che pagare produttori (effettivamente per lo più esteri) per costruire impianti che con la tecnologia di allora non permettevano una resa decente (tuttora sostanzialmente bassa nel comparto fotovoltaico), garantendosi così rendite notevoli per lunghi periodi a fronte di una produzione effettiva molto bassa.
Secondo punto: una volta che ci si è accorti (meglio dire che si è cominciato ad accorgersi) che incentivare la nascita di più impianti possibili, senza curarsi dell'apporto netto, sarebbe stato deleterio in termini di costi di trasmissione e dispacciamento (visto che tuttora la rete non è delle migliori e le "congestioni" sono sempre presenti, come ho accennato nel post sulla Liberalizzazione del mercato elettrico) si è tentato di incentivare per lo meno i cittadini all'efficientamento energetico degli edifici e/o all'autoproduzione (*2), così che almeno i consumi diminuissero e i costi in più avessero almeno una qualche utilità di lungo periodo.
Terzo punto: poiché si è cominciato a capire il livello distorsivo degli incentivi (di cui al punto sopra) solo nel 2011 (praticamente), è evidente che ormai il danno è fatto e ridurre gli incentivi dei nuovi Conto Energia e FER vari non è la soluzione definitiva, ma solo un palliativo; per evitare di peggiorare la situazione bisogna sostanzialmente rimodulare i miliardi di sussidi disponibili in modo che vadano in parte all'autoproduzione combinata con l'efficientamento energetico (per qualunque tipo di tecnologia; rivolto ai cittadini, condomini o agli imprenditori che vogliono ridurre i costi energetici migliorando l'efficienza abitativa o industriale), in parte alla costruzione di impianti di medio-grandi dimensioni (si potrebbe pensare ad un minimo di 20 kW di potenza) e in parte alla attività di R&S condotta in termini di innovazione in questo settore (l'ideale sarebbe un credito di imposta leggermente maggiore di quello concesso attualmente alla ricerca). Questa divisione non deve essere per forza del 33% per ognuna di queste tre voci, anzi si può pensare a un peso diversificato a seconda delle necessità e all'eventuale aggiunta di altre voci (per esempio destinando fondi per innovare più in fretta il sistema elettrico italiano, bisognoso di ammodernamento, oppure favorire "joint ventures" tra imprese italiane ed estere, visto che da noi l'industria del settore non si è sviluppata come avrebbe dovuto - ne ho parlato sopra - ).

(*) in realtà sussidio e incentivo sono diversi: il primo dovrebbe avere carattere duraturo, mentre il secondo indica un sussidio temporaneo per sviluppare/introdurre una tecnologia o servizio/produzione. Data la necessità di un periodo di tempo abbastanza lungo per avere un pieno sviluppo del settore in questione, così da non avere più bisogno di incentivi, uso i due termini come sinonimi.

(*2) Si tratta di una figura introdotta dal decreto Bersani sulla liberalizzazione del settore elettrico. Ai sensi dell’art.2, comma 2, del D.Lgs. 79/99 e ss.mm.,“Autoproduttore è la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate dalla medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui all’articolo 4, numero 8, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, degli appartenenti ai consorzi o società consortili per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto”​.
Il soggetto responsabile di un impianto di potenza superiore a 3 kW, non integrato architettonicamente e che  non aderisca al regime di Scambio sul posto, può avere riconosciuto l’incremento del 5% sulla tariffa "base"  se autoconsuma su base annua almeno il 70% dell'energia prodotta dall'impianto; in sintesi deve essere confermata la seguente relazione: energia utilizzata nell’anno di riferimento ≥ 0,7 * energia prodotta nell’anno di riferimento.
















giovedì 25 ottobre 2012

Legge di Stabilità: cosa cambiare?

Andando sul sito della Camera è possibile visionare il pdf del disegno di legge della futura legge di "stabilità" per gli anni 2013-2014-2015. Subito dopo la divulgazione ci sono stati forti critiche, più che altro in materia IVA - IRPEF, per cui è il caso di esaminarne il contenuto ed eventualmente vedere dove sarebbe possibile agire per esempio per fermare l'aumento IVA (molto criticato, giustamente).

Intanto alcune spese dove intervenire...
Al fondo del documento in questione troviamo alcune tabelle riassuntive di vari importi, ma quella che ci interessa è la Tabella E che riporta le spese a carattere pluriennale in conto capitale e le rispettive quote da finanziare negli anni 2013-2014-2015 (noi ci concentreremo sul 2013); in questa tabella bisogna precisare che sono riportati gli importi previsti dalle precedenti leggi (perchè hanno carattere pluriennale) e la loro eventuale rimodulazione, riduzione o rifinanziamento.
Esaminando la tabella in questione si notano alcune voci sconosciute al dibattito pubblico:
innanzitutto il "Programma di sviluppo unità navali classe FREMM", che movimenta parecchie centinaia di milioni e per di più viene rifinanziato di altri 321 milioni per il 2013, per un importo totale di 696 milioni; 1,07 miliardi per "Programmi aeronautici ad alto contenuto tecnologico", una voce costosa che per di più non viene neanche ridotta; un "Contributo alla regione Calabria per interventi nei settori della manutenzione idraulica e forestale", per 160 milioni (l'ho inserito nell'elenco delle voci dubbie perchè pur essendo un contributo per rimediare al dissesto idro-geologico sarebbe il caso di utilizzare fondi FAS, che sono lì per questo, piuttosto che stanziamenti aggiuntivi di bilancio). 
Ho citato queste tre voci perchè sono le uniche spesa che ho ritenuto "dubbiose" e che movimentano più di 100 milioni di euro.

Sul versante delle variazioni entrate/uscite...
La Nota tecnico-illustrativa presentata assieme al ddl ci dice quanto si prevede di guadagnare/spendere dai rispettivi interventi previsti dalla legge in questione; ecco le voci principali:
- si prevede di incassare 1,088 mld dalla Tobin Tax, 2,143 dalla riduzione delle agevolazioni IRPEF, 1,1 dalla stabilizzazione(*) dell'incremento delle accise sui carburanti;
- si prevedono minori entrate per 3,28 mld dal mancato aumento IVA di due punti, 1,2 mld per la detassazione del salario di produttività, 4,27 mld per la riduzione delle aliquote IRPEF;
- si prevedono poi minori spese per 8 mld e maggiori spese per 5,78

(*) vuol dire che l'aumento temporaneo delle accise previsto e sperimentato quest'anno diventerà fisso (come al solito...)

Alcune proposte
L'obiettivo principale in questo momento è fermare del tutto l'aumento dell'IVA (della scarsa efficacia della riduzione IRPEF ne ho parlato in un post precedente), che però dovrebbe costare circa 6,5 mld. La soluzione ideale sarebbe bloccare le riduzioni IRPEF risparmiando 4,27 mld e agire sulle tre grosse voci di spesa meno importanti che ho citato sopra (certo questo significherebbe sostanzialmente azzerare i tre contributi di cui sopra, per cui sarebbe il caso che fosse frutto di una negoziazione con le parti interessate al fine di "congelare" le spese previste almeno quest'anno) e per i circa 300 milioni restanti agendo dove possibile, ma poiché ormai si è già "raschiato" fondi un po' ovunque si può pensare ad un compromesso come quello di aumentare di un punto percentuale l'aliquota IVA del 10%, passando all'11% (ecco i beni colpiti dal potenziale incremento) o viceversa passare solo dal 21% al 22% (sempre se proprio non si può fare altrimenti); questo comunque dovrebbe bastare.
In questi giorni si parlava in alternativa della possibilità di scambiare la riduzione IRPEF con una riduzione dei contributi lavorativi a carico delle imprese. In questo caso l'obiettivo è più facilmente raggiungibile perché significherebbe spalmare i 4,27 mld in modo che determinino un minore peso contributivo, favorendo l'occupazione (per quanto possibile).


Una preoccupazione abbastanza fondata (e che condivido) è che la Tobin Tax non dia il gettito sperato, questo perché data la quasi perfetta mobilità dei capitali è molto probabile che uno spostamento di certe dimensioni ci sarà (verso Stati-parassiti, come la Gran Bretagna), quindi sarà il caso di tenere pronto qualche soldo in più nel caso le aspettative pessimistiche si rivelino fondate. 











sabato 20 ottobre 2012

"Il Piemonte è tecnicamente fallito"

Così recitava il 19 ottobre un articolo molto rassicurante apparso su LaStampa e ripreso subito dai vari quotidiani e Tg. Sembra che quest frase sia stata pronunciata dall'Assessore alla Sanità Monferino, per far capire che i conti nella Sanità sono sostanzialmente fuori controllo, e poiché la Sanità impegna la maggior parte del bilancio regionale questo voleva evidenziare la situazione in cui versa la Regione in termini di spesa e indebitamento (senza parlare dei minori trasferimenti dallo Stato che non hanno certo aiutato a migliorare il quadro generale)

Quindi è vero che la Regione sta per fallire?
Non esattamente. In questo momento la Regione Piemonte è un po' come lo Stato italiano, per cui si trova a corto di liquidità (i soldi in cassa) con cui pagare le spese correnti (quelle per il suo funzionamento e per mandare avanti i servizi) e questo si riversa sulle Aziende Sanitarie Regionali (anche perché la spesa sanitaria pesa per l'82% sul bilancio regionale) che ricevono sempre meno trasferimenti dalla Regione e così si trovano in una situazione di grande squilibrio finanziario (situazione che ha avuto grande eco mediatico per via di alcuni fatti che esporrò più avanti).
In questa situazione di crisi lo Stato ha sostanzialmente alzato le imposte e ridotto la spesa pubblica, ma la Regione per ora si è limitata a indebitarsi (per lo più a inizio mandato) e a ridurre la spesa (più recentemente), cercando di non pesare troppo sul sociale per non colpire i cittadini e cercando di non tagliare troppo la parte di quest'ultima in conto capitale (gli investimenti) per non pregiudicare la ripresa dell'economia regionale (comunque sia la spesa in conto capitale è stata quella più colpita, è sempre così perché è più facile da colpire).

Premessa
Il bilancio di previsione 2012 (di previsione perché è una specie di budget che prevede abbastanza fedelmente l'entità di entrate e spese durante l'anno), suddiviso per UPB (Unità Previsionali di Spesa), raggruppa tutte le entrate in un'unica voce di spesa (UPB) a sua volta composta da altri sei sottogruppi ("titoli"), facilitandoci così la vita (solo nel caso delle entrate, nell'ambito delle spese sarà parecchio dura invece); il bilancio in questione è sicuramente il punto di partenza più attuale a livello temporale, il problema è che manca il bilancio di assestamento/consuntivo che confermi o indichi eventuali scostamenti dalle previsioni, ma poiché l'unico assestamento al bilancio presente sul sito della Regione è quello del 2010, dovremo partire con i dati 2010 (passando poi a quelli disponibili nei due anni successivi). Una precisazione terminologica, quando si parla in termini di "cassa" si intende quanto effettivamente si spende/riscuote, mentre in termini di "competenza" si indica semplicemente in quale anno alcune imposte sono state accertate (di competenza di quale anno, appunto), ma non è detto che nello stesso anno siano state  riscosse materialmente.

Entrate
Il bilancio consuntivo 2010 in termini di cassa ci dice che: sono "materialmente" entrati in cassa 157 milioni dal fondo di cassa, le entrate proprie della Regione sono state di 11,48 mld (465 mln in meno del preventivato), i contributi o trasferimenti sono stati di 2,8 mld (167 mln in più del previsto), le entrate extra-tributarie (cioè che non derivano dalle tasse) sono state di 493 mln (149 mln più del previsto), le entrate straordinarie (cioè non avente carattere fisso negli anni) sono state di 122 mln, le entrate da mutui e prestiti sono state di 1,8 mld (100 mln in più del preventivato) e infine le entrate per contabilità speciali (sostanzialmente partite di entrata particolari) sono state di 5,2 mld. Per un totale di 22,1 mld di entrate di cassa (quindi effettive).
Viene inoltre indicato che i residui attivi (cioè le somme accertate e non riscosse) ammontano a 4,8 mld.

Uscite
Le spese sono composte da centinaia di UPB diversi, quindi è meglio semplicemente raggrupparle in tre macro-gruppi: sempre in termini di cassa abbiamo spese correnti (cioè riferite al funzionamento in sé) per 13,4 mld, spese in conto capitale (cioè per investimenti) per 3,2 mld, spese di rimborso per 329 mln e spese per contabilità speciali di 5 mld. Per un totale di 22,1 mld di spese effettive, sempre in termini di cassa.
I residui passivi (cioè le somme impegnate ma non pagate a fine esercizio) ammontano a 4,9 mld.

La sanità
Se andiamo a vedere i singoli capitoli di spesa all'interno dell'UPB Sanità, vediamo alcune grosse voci che movimentano parecchi soldi in termini di cassa: 6 mld di erogazioni alle ASL per le spese correnti, 730 mln di integrazione regionale del finanziamento del servizio sanitario regionale (anni 2008, 2009, 2010), 400 mln di quota del fondo sanitario nazionale da trasferire alle ASL e aziende ospedaliere, 256 mln di erogazioni alle ASL per finanziare i livelli assistenziali aggiuntivi regionali, 185 mln di erogazioni agli enti che gestiscono funzioni sanitarie per spese di investimento-rinnovo-manutenzione..., 4,3 mld di erogazione di fondi ad ASL e ASO. Per un totale di circa 12 mld (voci minori incluse), sempre in termini di cassa. In realtà la UPB Sanità movimenta poco più di 10 miliardi in termini di cassa, però perchè alcune delle voci indicate sono riferite ad altri UPB.
Dalla Corte dei Conti apprendiamo alcuni dati, in termini di competenza, di vario tipo: il finanziamento indistinto e vincolato alla sanità piemontese (da parte dello Stato) è pari a 7,7 mld nel 2010, ripartiti per 6,3 mld ad esclusione dell'ASL TO2, ASL TO4, ASO Mauriziano a cui sono stati successivamente assegnati rispettivamente 800 mln, 860 mln, 168 mln, portando così il riparto 2010 a quota 8,2 mld; nel 2008 il finanziamento totale è stato pari a 7,7 mln e nel 2009 9,1 mln.
Più nel dettaglio, a livello di spesa di personale si è passati da 2,95 mld nel 2010 a 2,9 mld nel 2011; la spesa farmaceutica passa da 1,4 mld nel 2010 a 1,38 nel 2011l'acquisto di beni e servizi (in cui è inclusa anche la spesa farmaceutica) passa da  7,3 mld nel 2010 a 7,2 mld nel 2011; Il totale dei costi di produzione passa da 10,7 nel 2010 a 10,6 mld nel 2011 (in questo caso il costo totale è superiore al costo della sanità, perché viene calcolata in un modo diverso rispetto alla metodologia regionale). 
Il consumo di risorse suddiviso per livelli assistenziali mostra che nel 2010 il costo della prevenzione è stato di 367 mln, il costo dell'assistenza territoriale di 4,7 mld e il costo dell'assistenza ospedaliera di 3,9 mld. Per un totale di 9,1 mld (nel 2011 è sceso di un centinaio di milioni intorno ai 9 mld).
Il saldo tra crediti e debiti è costantemente negativo, con un peggioramento nel 2010 quando arriva a -1,2 mld. Inoltre i crediti verso la Regione, che costituiscono circa il 90% dei crediti complessivi delle ASR, (che sostanzialmente vivono dei trasferimenti regionali) aumentano ogni esercizio, e aumentano in particolare i crediti per spesa corrente, per cui le ASR accumulano sempre più crediti da incassare relativi a risorse che dovrebbero consentire la gestione ordinaria. Il totale di questi crediti ammonta ufficialmente a 1,8 mld, ma questo risultato è frutto di un trucchetto di bilancio che ora spiegherò, realmente si tratta di 2,7 mld circa. Non avendo più liquidità trasferita dalla Regione le ASR riversano questa carenza sui fornitori, aumentando progressivamente i debiti commerciali (e i tempi di pagamento) che arrivano fino a 2,3 mld nel 2010 e 2,7 mld nel 2011.
Monferino e Cota sostengono che la precedente Giunta Bresso abbia alterato i bilanci, cancellando e riducendo gli impegni sul bilancio regionale 2009 e in effetti è vero (e la Corte dei Conti lo conferma), infatti al fine di ridurre la formazione di residui passivi per garantire l'equilibrio del bilancio veniva cancellato un impegno di spesa di 509 mln riguardante un rimborso di un'anticipazione straordinaria attinente la sanità, a fronte di un trasferimento atteso da parte dello Stato; il bello di tutto questo è che nonostante questa anticipazione sia poi stata trasferita alle ASR, dopo la cancellazione degli impegni di cui sopra le spese in questione non sono più state riassunte nell'esercizio successivo, nonostante si continuassero a pagare gli interessi passivi alla banca che ha provveduto a tale anticipazione (si è creato una specie di debito sommerso!).

La nuova polemica
Tutta questa ritrovata attenzione per la sanità piemontese deriva in realtà dall'ultima delibera della Corte dei Conti, che ha segnalato le seguenti problematiche nei bilanci sanitari 2009 (in parte già rilevate nella precedente delibera esaminata):
- fortissimi ritardi nell’adozione del bilancio rispetto ai termini di legge
- mancata adozione, con atto formale da parte del direttore generale, di un bilancio di previsione in pareggio, come previsto dalla legge regionale, in un’ottica di programmazione tesa a garantire l’equilibrio economico finanziario della gestione; in effetti nonostante i risultati deficitari riscontrati nelle varie ASR e nonostante l'obbligo di adottare misure per la riconduzione in equilibrio della gestione in presenza di situazioni di squilibrio, questo non è stato fatto. Per di più le perdite non sono state autorizzate dalla Regione.
- rischi legati ad un sistema di copertura limitato alle sole componenti monetarie della perdita
- la tendenza, deresponsabilizzante per le aziende, a tenere una gestione delle spese non correlata strettamente alle risorse esistenti, confermata ed aggravata dai ritardi nell’adozione ed approvazione dei bilanci; peraltro nel sistema sanitario piemontese, tutte le aziende sanitarie registrano un risultato economico negativo nell'anno in questione
- gli aumenti dei costi di produzione complessivi, in particolare di quelli di alcune realtà aziendali
- la genericità nella determinazione degli obiettivi per la spesa farmaceutica, atteso anche il superamento dei tetti programmati per quella complessiva e per quella ospedaliera
- aumenta il costo di acquisto di beni e servizi, le spese per il personale, le spese per manutenzioni e riparazioni, il costo per godimento di beni di terzi; in generale è stato rilevato un incremento dei costi di produzione nel biennio 2008-2009.
- la rilevanza e vetustà dei crediti delle aziende nei confronti della Regione, fattore che incide sulla liquidità degli stessi
- il persistere di una rilevante situazione debitoria e di interessi moratori, nonché di una generalizzata crisi di liquidità delle aziende, unitamente alla mancata costituzione di fondi per interessi moratori

In definitiva la situazione sanitaria regionale era effettivamente fuori controllo già nel 2009, è stata parzialmente rimessa sotto controllo nel 2010-2011 (più che altro nel 2011) ed è in fase di stabilizzazione però è chiaro che, essendoci grossi squilibri finanziari al livello delle singole ASR e considerando l'entità della spesa sanitaria rispetto alle altre voci di bilancio, è necessario operare certamente delle razionalizzazioni del sistema, ma questo deve avvenire avendo in mente un piano di sviluppo della nostra sanità che sia sostanzialmente sostenibile nel lungo termine (il piano sanitario proposto da Cota e Monferino può essere un punto di partenza in questo caso). E' evidente che si dovrà agire con più cautela in alcuni campi, per esempio la mobilità del personale (più delicati ma purtroppo da riformare), come è evidente che le cifre della sanità dovranno essere contenute ancora (in questo campo già nel 2011 ci sono stati i primi risultati).