domenica 19 gennaio 2014

Che fine han fatto le "Rassegne Stampa"?

Oggi ci dedichiamo ad una questione spinosa e molto sentita, soprattutto dal popolo del web (nonché da me, *****!). Si tratta della progressiva chiusura di tutti i servizi di Rassegna Stampa (d'ora in poi R.S.) offerti da varie Amministrazioni pubbliche. 

Come mai ne parlo solo ora? Per via dell'avviso di chiusura dell'ultimo servizio Rassegna Stampa disponibile, quello offerto dal Comune di Torino (che ovviamente riguarda più che altro le notizie locali). In questo modo, l'unica Rassegna a rimanere in piedi è quella della Treccani, che però deve essere raggiunta tramite "vie traverse", viceversa è richiesta la password.

Cerchiamo di capire a cosa è dovuto questo fenomeno

Tutto deriva dal boom di successo riscosso dal servizio R.S. offerto dalle varie Amministrazioni (Ministeri, Camere, Comuni...), infatti, la diffusione di tali fonti di informazione gratuita tra gli utenti internet, ha portato grande visibilità, e di conseguenza un grande seguito di persone che ne usufruivano.

Ovviamente, questa escalation è stata notata dagli editori di quotidiani, che a causa di questi servizi si vedevano ulteriormente ridotte le copie cartacee vendute e le visualizzazioni sui relativi siti.
Dopo numerose pressioni, la Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG, una delle più grandi) è riuscita a raggiungere un accordo in merito alle R.S. di Camera e Senato (le più complete e conosciute), al fine di renderne fruibile l'accesso ai soli parlamentari. Le polemiche furono numerose, ma non sufficienti a mettere in dubbio la posizione della lobby editori-giornalisti.

A complicare il quadro si è aggiunta anche l'emanazione del nuovo regolamento dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) sul diritto d'autore, che desta ulteriori preoccupazioni e dubbi a chi offre gratuitamente servizi di questo tipo, soprattutto per via delle nuove procedure di giudizio messe in atto.

Il Governo, in tutto questo contesto, non è esente da colpe, poiché ha voluto puntare su una linea più dura nel campo del diritto d'autore, così come emerge dal Consiglio dei Ministri n.40: "disposizioni di tutela del diritto d’autore quale strumento per la soluzione delle controversie derivanti dall’utilizzo dei contenuti giornalistici da parte dei motori di ricerca o di aggregatori di notizie al fine di contemperare l’esigenza della circolare dell’informazione (sì, dice proprio "della circolare dell'informazione") anche sulle piattaforme digitali con la garanzia del rispetto dei principi in materia di tutela del diritto d’autore". 
Diciamo che, pur non avendo ancora presentato norme al riguardo (oltre al regolamento AGCOM), è evidente la volontà di garantire una più rigida tutela del diritto d'autore, così da tutelare il mercato dell'editoria.

Il risultato è che, anche amministrazioni ed enti come il Comune di Torino o l'Ordine degli Architetti, restringono l'accesso a tali servizi per paura delle possibili conseguenze legali.

Facciamo un passo indietro.
Innanzitutto capiamo cos'è il diritto d'autore e come può essere associato ad articoli esposti su R.S.

Bisogna sapere che la legge che regolamenta il diritto d'autore risale all'epoca fascista (Legge 633/1941), tale legge è poi stata integrata e modificata negli anni (in particolare col Dlgs 68/2003).
A noi interessa in particolare l'articolo 3, "opere collettive", che qualifica giornali e riviste come rientranti in questa casistica e quindi meritevoli di tutela. 

Detto questo, sorgono tre problemi:

1) Essendo riconosciute quali opere da tutelare, vale il diritto esclusivo di riprodurre e quindi è vietata la moltiplicazione  in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell'opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l'incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione (art.13). Di conseguenza solo l'autore avrebbe diritto a sfruttarlo e replicarlo, eventualmente. La stessa Corte di Cassazione si è posizionata su questa linea, perché ha sia riconosciuto l'identità di autore ed editore (nel caso, appunto, di riviste e giornali), sia il fatto che in realtà è l'opera collettiva ad essere tutelata per legge, ma le singole parti (ossia i singoli articoli) sono altrettanto soggette a tutela - anche se si ha una riproduzione di singoli articoli e non di tutta l'opera - altrimenti il diritto d'autore non sarebbe garantito nella sostanza (sentenza 20410/2006).

2) Se anche ricadessero nelle eccezioni indicate all'articolo 65, gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore, se riportato
Perciò, se l'autore indica in calce "riproduzione riservata" sarà come se avesse inibito la riproduzione di tali articoli, quindi si ricade nelle ipotesi statuite dall'articolo 13.

3) La Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, la cui ultima revisione risale al 1971 e la cui ratifica da parte dell'Italia risale al 1978, dà una diversa accezione della "rassegna stampa", poiché intende non la riproduzione integrale ma le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche (art. 10). Se guardiamo ai fatti attuali, però, il tema in questione riguarda la riproduzione integrale di articoli in forma di rassegne stampa.

In sostanza, sia dal punto di vista legale che giurisprudenziale, sarebbero corrette le rivendicazioni degli editori, in quanto tali R.S. costituiscono una violazione del loro diritto d'autore.

Se ci spostiamo dal piano pratico-legale a quello teorico, dobbiamo chiederci, però, se non sarebbe più sensato trovare un giusto equilibrio tra le esigenze economiche-intellettuali degli editori di riviste o quotidiani e la notevole garanzia di pluralità dell'informazione concessa agli utenti finali.
Dobbiamo anche considerare che la presenza di un'ampia R.S. gratuita e fruibile a tutti è un enorme incentivo ai cittadini affinché leggano e si informino, per cui permetterebbe una effettiva disponibilità di mezzi e strumenti per partecipare (o anche solo seguire) le attività pubblico-politiche, nonché una maggiore attenzione e presa di coscienza da parte dei singoli.

Dal punto di vista teorico, insomma, non si può non essere a favore di una simile iniziativa. Non resta che trovare questo "equilibrio di esigenze" di cui parlavo pocanzi.

A fornirci uno spunto di questo tipo, è l'ex deputato Giuseppe Moles (Pdl), che aveva aspramente contestato la chiusura al pubblico della R.S. e a cui si devono le informazioni riguardanti l'accordo FIEG-Camera dei deputati sulla fruizione della R.S. online (in sostanza la FIEG ha ottenuto che la R.S. venisse effettuata a titolo non oneroso ma ai soli deputati o soggetti titolari di un interesse istituzionale).

Ebbene, Moles proponeva per esempio due soluzioni: caricare la R.S. in orari tali da non compromettere i giusti interessi delle aziende editoriali, oppure tramite i necessari accorgimenti legali ed amministrativi, richiedere la sottoscrizione di un abbonamento da parte degli utenti che, a fronte del pagamento di una fee simbolica, avrebbero potuto continuare la preziosa consultazione della rassegna stampa

Aggiungerei altri due spunti: 

- Non può farsene carico interamente (o quasi) lo Stato? Stiamo parlando di un semplice servizio di R.S. essenziale, che non richiede costi esorbitanti e soprattutto non richiede che venga effettuato da tutte le Amministrazioni (come invece era fino a due anni fa), visto che sarebbe sufficiente avere la R.S. della Camera, per esempio. Almeno a livello nazionale; se poi il Comune di Torino vorrà farsi una sua R.S. pubblica dovrà pagare un compenso agli editori.

- Ancora meglio, non può essere creata una sola R.S. pubblica che presenti alcuni estratti essenziali dai soli giornali/quotidiani che ricevono i contributi all'editoria, e comunque solamente relativi ad alcuni dei vari contenuti offerti? In questo modo non si può parlare di mancato compenso, visto che tali testate beneficerebbero di contributi pubblici e sarebbero pubblicati solo un numero massimo di articoli rispetto a quelli offerti sul sito della testata stessa.

Insomma, la questione è importante e facilmente sanabile, per cui andrebbe affrontata il prima possibile e tenendo conto degli interessi di tutti, compresi noi cittadini.





martedì 14 gennaio 2014

"Del sistema elettorale" (2)

Dopo la prima dichiarazione di incostituzionalità parziale del "Porcellum", alla fine sono arrivate anche le motivazioni.

Come già indicato, la Corte ha contestato tale sistema nella parte in cui prevede un premio di maggioranza - senza che sia raggiunta una soglia minima di voti (con il rischio, perciò, di una sovra-rappresentanza) - e nel meccanismo delle liste bloccate - in quanto non permettono di esprimere una preferenza.

Detto questo, non vuol dire che il Parlamento decade e ogni precedente (o ulteriore) atto da questo preso sarà invalido, poiché il buon senso stesso dovrebbe rendere evidente che Camera e Senato vanno avanti comunque, secondo il principio di continuità dello Stato, in quanto organi indispensabili e costituzionali (un meccanismo di voto parzialmente incostituzionale non può invalidare retroattivamente quanto fatto).

Insomma, gli effetti di questa sentenza saranno visibili nella prossima tornata elettorale, e semmai non dovesse essere cambiata per tempo la legge, sarà da subito applicabile un sistema proporzionale puro e senza premio di maggioranza (del resto, indica la Corte, alcuni aspetti normativi come il voto di preferenza posso essere modificati mediante criteri interpretativi e normativa secondaria, mentre si aspetta una nuova legiferazione)

Ne avevamo già parlato, in generale, qui, ma ora il quadro si è delineato del tutto ed è il momento di pensare al futuro sistema di voto italiano.

Rimangono ora aperti due ordini di problemi:
1) Cambiare la normativa elettorale per recepire i "precetti" della Corte Costituzionale;
2) Valutare quali modifiche attuare, così da affinare al meglio il sistema di voto (tenuto conto di tali "precetti").

1) Le alternative sono molteplici, ma un punto è chiaro: il premio di maggioranza va abolito o fortemente condizionato, l'elettore deve poter indicare la preferenza, le liste non dovrebbero essere bloccate (o se lo sono, devono contenere pochi nomi).

Oltre a queste prescrizioni, ogni altro aspetto può essere deciso liberamente.

2) Posto il punto uno, le alternative presenti nel panorama politico attuale sono principalmente un modello alla spagnola o un maggioritario uninominale. Nel primo caso, si tratta di un proporzionale fortemente corretto con soglia di sbarramento al 3%, liste bloccate ma molto corte e dove i pochi seggi in palio sono sparsi tra le molte circoscrizioni; nel secondo, di una o più votazioni consecutive, dove viene messo in palio un unico seggio per collegio/circoscrizione e chi prende più voti lo vince.
Ovviamente il dilemma è sempre lo stesso: voglia più rappresentatività (primo caso) oppure più governabilità (secondo caso)?

Queste sono le due proposte più significative attorno a cui ruota il dibattito. Cominciamo col modello spagnolo.
Valuteremo solo la Camera, in quanto il Senato ha una connotazione istituzionale diversa (così come da noi è "regionale"), quindi soggiace a regole diverse, di solito.

In Spagna, il Congresso (omonimo della nostra Camera) è composta da 350 deputati, ogni circoscrizione elettorale corrisponde ad una Provincia e ad ogni Provincia spetta un numero minimo iniziale di due deputati, perciò, tenendo conto che le Province sono 50 (più Ceuta e Melilla, cui spetta un solo deputato), i seggi già assegnati sono 102.

I restanti 248, invece, sono attribuiti proporzionalmente, fatto salvo una clausola di sbarramento per le candidature che non superano il 3% dei voti nella singola circoscrizione.
Il procedimento di distribuzione consiste nella determinazione di un quoziente di riparto (248 diviso il numero totale degli aventi diritto di voto) e dividendo il totale degli aventi diritto di voto - nella singola circoscrizione/Provincia - per questo quoziente, si otterrà il numero di deputati spettante.

Il meccanismo di distribuzione effettivo si ispira al Metodo d'Hondt: all'interno della singola circoscrizione si suddividono i voti totali di ciascun candidato in ordine decrescente, poi si divide questo valore per 1,2,3 e così via (a seconda del numero di seggi da attribuire) e i seggi vengono assegnati in base ai risultati ottenuti da questa divisione.
Più facili a farsi, che a dirsi. Meglio un esempio: Circoscrizione Madrid elegge 8 deputati; voti totali 480mila, così suddivisi, 168mila A - 104mila B - 72mila C - 64mila D - 40mila E - 32mila F

A: 168.000 - 84.000 - 56.000 - 42.000 - 33.600 - 28.000 - 24.000 - 21.000
B: 104.000 - 52.000 - 34.666 - 26.000 - 20.800 - 17.333 - 14.857 - 13.000
C: 72.000  - 36.000 - 24.000 - 18.000 - 14.400 - 12.000 - 10.285 - 9.000
D: 64.000 - 32.000 - 21.333 - 16.000 - 12.800 - 10.666 - 9.142 - 8.000
E: 40.000 - 20.000 - 13.333 - 10.000 - 8.000 - 6.666 - 5.714 - 5.000
F: 32.000 - 16.000 - 10.666 - 8.000 - 6.400 - 5.333 - 4.571 - 4.000

Nella prima colonna abbiamo i voti totali per ciascun candidato. I voti totali di ogni singolo candidato vanno divisi per 1,2,3 ecc. fino ad 8, dando i rispettivi risultati indicati nelle colonne da 2 a 8. Ci sono 8 colonne perché dobbiamo eleggere 8 deputati. I risultati in grassetto sono i primi 8 di quelli più alti, tra tutti i valori presenti, perciò ad essi andranno un seggio ciascuno; in tal caso vuol dire che A ottiene 4 seggi, B due, C e D uno, E e F niente.

Per concludere, va detto che le liste sono bloccate e devono recare un numero di candidati pari ai seggi da assegnare; nessun candidato può concorrere in più di una Circoscrizione.

Conclusa la prima disamina, va sottolineato quanto poco proporzionale sia in realtà il modello spagnolo!
Infatti, il basso numero di seggi totali, l'elevato numero di Circoscrizioni, il metodo d'Hondt e i seggi attribuiti di diritto portano ad una sovra-rappresentazione dei partiti maggiormente presenti a livello nazionale (o quelli regionali forti) e delle Circoscrizioni meno popolose. Questo, combinato con la soglia di sbarramento al 3%, determina un notevole effetto maggioritario.

Nonostante tale impostazione, questo modello tenderebbe ad accentuare la frammentazione, portando ad una sovra-rappresentanza di alcuni partiti più piccoli (quindi alla solita necessità di accordi con questi, aumentandone notevolmente il potere negoziale), considerando poi la difficoltà dei grandi partiti nostrani a raggiungere soglie di voti significative (per esempio intorno al 40%).
Ecco perché tale sistema, così com'è, non sembra essere ottimale per la realtà italiana. Viceversa, se corretto, aumentandone la soglia di sbarramento (al 5%, per esempio, sulla falsariga tedesca) e mitigando l'attribuzione minima iniziale di legge - senza escludere poi l'eventuale possibilità di un mini premio di maggioranza condizionato - è forse possibile trovare un punto di accordo più pacifico e utile.

Passiamo ora al maggioritario uninominale.

Ne esistono due tipi principali: a turno unico e a doppio turno.

- Il primo, generalmente riferibile al modello inglese, prevede che ogni Circoscrizione/Collegio elegga un deputato e che il vincitore sia quello che ha preso più voti (il c.d. first past the post). Molto netto, decisamente maggioritario.

- Il secondo, generalmente riferibile al modello francese, prevede che ogni Circoscrizione/Collegio elegga un deputato, ma vince solo chi raggiunge il 50% +1 dei voti, altrimenti si vota una seconda volta (doppio turno, appunto); alla seconda tornata, però, possono partecipare solo coloro che avevano raggiunto almeno un ottavo delle preferenze degli aventi diritto (ossia circa il 20% dei voti validi) e chi raggiunge la maggioranza relativa, vince.

Il maggioritario è abbastanza intuitivo: serve a garantire Governi stabili, penalizzando più (nel primo caso) o meno (nel secondo) la volontà popolare, e quindi la rappresentanza. Non a caso è sconsigliato qualora la situazione politica sia di stampo multipartitico.
In Italia sarebbe sicuramente inefficace (più che altro non adatto alla nostra realtà attuale), infatti è sempre stato ritenuto molto "spinto" (anche per questo si parla piuttosto di premio di maggioranza, invece di un maggioritario vero e proprio) e solo ultimamente è stato ripreso da Renzi quale alternativa al Porcellum attuale (una delle tre da lui proposte).
Di nuovo, anche qui sarebbe il caso di mitigare un po' la tendenza netta a favorire la stabilità assoluta dell'Esecutivo.

Quale soluzione?

Un modello poco considerato è quello australiano, che presenta degli spunti interessanti e utili per la realtà italiana: si tratta di un maggioritario uninominale a turno unico molto "particolare", dove all'elettore è chiesto di indicare l'ordine di preferenza per tutti i candidati concorrenti (il c.d. sistema del voto alternativo).
Se dopo il primo scrutinio (ossia dopo il computo delle prime preferenze) nessun candidato avrà superato il 50% dei consensi, si eliminerà l'ultimo candidato (ossia il candidato con il minor numero di prime preferenze) e si distribuiranno le sue seconde preferenze (ossia le seconde preferenze delle schede all'interno delle quali il candidato eliminato è la prima preferenza) agli altri candidati, come indicato; se non sufficiente, si eliminerà il penultimo e le sue seconde preferenze saranno assegnate agli altri con le stesse modalità, e così via. Questo procedimento "eliminatorio" termina quando un candidato sarà arrivato alla maggioranza assoluta dei voti. 

Un esempio è imprescindibile per capirci qualcosa:
Ipotizziamo un Collegio con 4 candidati (A-B-C-D), rispettivamente 4653, 3981, 1527 e 685 voti (per un totale di 10.846 voti); a questo punto, poiché nessuno dei quattro raggiunge la maggioranza assoluta, il candidato con il minor numero di preferenze verrà eliminato (cioè D) e le sue seconde preferenze verranno conteggiate (ossia le seconde preferenze indicate sulle schede dove D è la prima preferenza).
Se ipotizziamo che tutte le seconde preferenze indicate siano state date ad A, mancherebbe comunque il 50% + 1 per A (infatti raggiungerebbe solo 5338, che non è la maggioranza assoluta) quindi sarebbe nuovamente da eliminare il minore (in questo caso C) e conteggiare le sue seconde preferenze etc etc...

...E' un po' macchinoso, ma efficace. 

Innanzitutto, presenta gli evidenti vantaggi di un maggioritario, ma con una diluizione degli effetti più "netti" di questo, tramite una ricollocazione delle preferenze dei candidati meno votati.
Inoltre, tra tutte le opzioni presenti, è quella che più tiene in considerazione le preferenze dell'elettore, poiché presenta un meccanismo elettivo molto articolato, ma basato sul semplice raggiungimento di una maggioranza assoluta all'interno del singolo Collegio. Per di più è un sistema  che tende a favorire i partiti più grossi, sì, ma anche quelli "medi" (e/o geograficamente concentrati), che sarebbero poi quelli che beneficerebbero maggiormente della riassegnazione delle preferenze (anche perché nello scenario italiano è altamente improbabile il superamento della maggioranza assoluta al primo scrutinio). 

Una perfetta via di mezzo.

Un altro grande punto di forza che dà una maggiore consapevolezza all'elettore, da un punto di vista strategico

a) Ipotizziamo una situazione politica in cui ci siano solo cinque partiti (PDL-PD-M5S-Lega-SEL) e ci sia poca differenza tra PDL e M5S, mentre il PD stacca di alcuni punti entrambi ma senza raggiungere la maggioranza assoluta (con gli altri due partiti in coda); è plausibile che un elettore disilluso non di destra e non schierato con nessuna fazione, sapendo che Lega e SEL avranno percentuali simili, possa pensare di votare come prima preferenza Lega, perché sa che non raggiungerà voti percentuali significativi e quindi preferisce che sia SEL il partito con minori preferenze, in questo modo quando ci sarà il "ripescaggio" dovuto al non raggiungimento della maggioranza assoluta, SEL verrà eliminato e le sue seconde preferenze verranno conteggiate.
Data la fazione politica di un elettore medio di SEL, è probabile che la seconda preferenza - nelle schede dove la prima preferenza è SEL - sia il PD, che in questo modo riceverebbe i voti di SEL e potrebbe sperare di raggiungere la maggioranza assoluta.

b) Ipotizziamo la stessa situazione, ma questa volta il PDL stacca di qualche punto (un buon margine, diciamo) il PD, mentre gli altri partiti seguono il PD (ma senza raggiungerlo); è plausibile che un elettore di destra possa pensare di votare Lega come prima preferenza, proprio perché sa che c'è una possibilità di acchiappare qualche seggio e, visto che il PDL è già avanti, non c'è il rischio che vinca la sinistra.

c) Stesso caso di b), però l'elettore è non di destra e non schierato con nessuna fazione; qui è altrettanto possibile che venga indicata come prima preferenza il PD, poiché l'elettore è speranzoso in una rimonta (si tratta pur sempre di sondaggi pre-elettorali), oppure Lega, proprio perché è convinto che il PD non ce la farà e spera pertanto che si ripeta quanto detto in a)

Si tratta di scenari molto complicati e "perversi", però servono solo ad indicare la molteplicità di possibilità che viene lasciata all'elettore, a seconda della situazione politica pre-elettorale che di volta in volta si viene a trovare davanti!

Unico punto da cambiare è probabilmente l'introduzione di una soglia di sbarramento minima, più che altro per evitare che l'elettore debba mettere in ordine di preferenza venti partiti diversi! Infatti in Australia si è dibattuto a lungo sull'obbligo di indicare una preferenza per tutti i candidati (e loro hanno molti meno candidati di noi).

Infine, un altro notevole elemento di spicco di questo sistema è proprio la minor penalizzazione possibile dei piccoli/nuovi partiti (proprio per i motivi presentati negli scenari precedenti), mentre con l'attuale ordinamento molti elettori non sono motivati a recarsi alle urne, pensano che non abbia senso votare i piccoli partiti o addirittura neanche più senso votare.

E' ora di dare uno scossone al nostro sistema di voto!













venerdì 10 gennaio 2014

Sull'annullamento delle elezioni piemontesi 2010

Breaking news: il TAR ha annullato le elezioni regionali piemontesi 2010!

Tutta la diatriba era nata poco dopo le elezioni, quando si era scoperto che le firme presentate dalla lista "Pensionati per Cota" erano state falsificate; in seguito, nel 2012, il Consiglio di Stato ha confermato tale accusa, lasciando però in sospeso la questione "validità elezioni".
I voti attribuiti a tale lista, infatti, sono stati determinanti per battere la coalizione pro-Bresso, per cui ci si era chiesto se questo avrebbe comportato la necessità o meno di ripetere le elezioni.
Oggi il TAR ha dato una prima risposta in tal senso, dichiarando nullo l'esito del voto e disponendo il ritorno alle urne. Molto netto.

Non sembra esserci margine di discussione, Cota ha vinto grazie ad una lista invalida e quindi le elezioni perdono di efficacia e legalità...

...In realtà non è così semplice, infatti non stiamo parlando di nullità di un normale atto amministrativo ma di elezioni! E non stiamo parlando di un'invalidità derivante da imbrogli elettorali, ma di vizi in parte "formali"!

I punti critici sono sia di ordine teorico che pratico:

Le firme necessarie alla regolare presentazione e partecipazione della lista "Pensionati per Cota" sono state dichiarate e confermate false, e hanno garantito a Cota il distacco di voti necessario a battere la Bresso. Fin qui è ineccepibile. Proviamo però a fare un passo indietro, ricordandoci che il sistema elettorale regionale nostrano prevede che l'elettore voti o solo per una determinata lista provinciale/circoscrizionale (che si riferisce alla lista regionale collegata, per esempio: voto "Pensionati", ma implicitamente sto votando la coalizione centro-destra) oppure due voti per una lista provinciale e un'altra regionale di diverse coalizioni (il c.d. voto disgiunto; per esempio: voto "Pensionati", a livello provinciale, e "Uniti per Bresso", a livello regionale) o ancora voto direttamente la singola lista regionale o il capolista regionale (per esempio: voto solo "Roberto Cota" o "Roberto Cota presidente").

What's the point?

E' evidente che la lista "Pensionati per Cota" non avrebbe dovuto neanche essere presente, eppure è andata diversamente (sigh), ed è altrettanto evidente che la diatriba di fondo è più che altro formale (nel senso che non sono stati falsificati i voti elettorali, ma le firme necessarie ad una lista per partecipare alle elezioni) ma comunque connotata da una certa gravità (perché denota un comportamento truffaldino di Di Giovine, e perché il reato contestato è di falso materiale, punito penalmente).

Tuttavia, bisogna prendere atto del fatto che, dei 27mila voti presi, andrebbero invalidati/annullati solo i voti attribuiti a tale lista con voto disgiunto, in quanto in tale casistica è evidente che l'elettore non ha sottinteso votare anche la collegata lista regionale (proprio perché ha votato disgiuntamente), viceversa, nel caso abbia votato tale lista provinciale senza indicare una lista regionale diversa da quella collegata il problema non si dovrebbe porre perché è dato per scontato che abbia implicitamente votato anche la relativa lista regionale (nel caso abbia votato solo il capolista o la lista regionale il problema proprio non esiste).

Questa visione più "sostanziale" dei risultati elettorali, che ogni tanto spunta fuori sui quotidiani, è denominata principio del favor voti, e prevede una interpretazione estensiva dell'effettiva volontà dell'elettore al di sopra delle questioni formali. Tale principio è una norma dell'ordinamento, nel più ristretto ambito delle elezioni amministrative - è chiamato principio di salvaguardia del voto -, ma in virtù della sua importanza è stato più volte discusso anche in altri ambiti, in particolare un importante "precedente" è la controversia relativa alle elezioni regionali in Molise e Abruzzo (2000-2001), dove il Consiglio di Stato ha applicato tale principio, evidenziando il fatto che un vizio di procedimento elettorale preordinato all'elezione non dovrebbe invalidare la consultazione stessa (nel primo caso), a meno che non vi sia uno scarto di voti tale da far supporre che il risultato elettorale sarebbe stato diverso, in assenza della lista incriminata (nel secondo caso). Lo stesso "secondo caso" si è ripetuto nelle elezioni molisane 2011, dove il Consiglio di Stato (sentenza 5504/12) ha riconfermato la necessità di valutare il differenziale di voti.

A questo punto, vista la recente evoluzione giurisprudenziale e la prassi più sostanziale applicata in materia elettorale, sarebbe opportuno che avesse luogo un riconteggio delle schede (che era già cominciato, ma subito interrotto) volto a determinare l'entità dei voti attribuiti alla lista "Pensionati per Cota", nonché se tali voti (ma non quelli a voto disgiunto) siano stati determinanti o se comunque sarebbero stati sufficienti a garantire un diverso risultato elettorale (quest'ultima è l'ipotesi più probabile).
Solo così si potrà essere veramente sicuri di aver rispettato l'effettiva volontà popolare.









lunedì 6 gennaio 2014

Analisi semi-seria

E' da alcuni mesi che sembra vieppiù evidente un trend inverso dell'altrui felicità rispetto alla Nostra, nella piccola comunità torinese che ruota attorno alla mia persona (et contigui).

Si rende perciò necessaria un'attenta analisi, volta a individuare i rapporti di causa-effetto tra codesti fatti e misfatti. Cotante coincidenze dovranno essere chiosate!

La statistica sarà la nostra fedele compagnia di studi, in questo caso.
Il nostro punto di partenza è il sottostante grafico.

Innanzitutto una premessa metodologica.

Le variabili in questione sono tre: C e R sono singole persone fisiche; Alteri è un paniere di 9 individui, ciascuno con eguale peso ponderato, che esprime un singolo valore corrispondente alla media aritmetica dei 9 (una sorta di indicatore pro-capite del grado di felicità di ciascuno dei componenti del paniere).

La scala di valori spazia da 1 a -1, rispettivamente indicanti maxima felicità e infelicità (e relativi stadi intermedi). Tali stati qualitativi sono difficilmente identificabili e quantificabili, per cui si esplicita fin d'ora che codesta analisi è di chiara impronta soggettiva.

Passiamo ora al grafico.


Come possiamo notare, il paniere Alteri è pressoché stabile nel punto "ago" e "set", C raggiunge il picco minimo in "set", mentre R rimane invariato ai minimi.

La svolta si ha a "ott", quando C e R fanno un balzo in su, ritornando in territorio positivo, mentre Alteri incomincia una graduale discesa che si acuisce nelle ultime due fasi (la linea verde sembra poco inclinata, in realtà si ha una notevole riduzione dei valori ma essendo un paniere il crollo risulta in parte attenuato).

La domanda sorge spontanea...E' possibile che C e R siano in relazione inversa o che addirittura causino tale infelice andamento di Alteri? Beh, scopriamolo!

Dopo alcune analisi statistiche, ritroviamo i seguenti valori:

Il coefficiente di correlazione statistico (che oscilla tra 1 e -1) tra C e R è di 0,92, mentre tra C ed Alteri è di -0,85 e -0,94 tra R ed Alteri. Che cosa significa questo? In sintesi, c'è una forte tendenza - da parte di C e R - a variare assieme e nella stessa direzione, mentre c'è una marcata tendenza di C e R a variare assieme, sì, ma nella direzione opposta (!) rispetto ad Alteri.

Discorso quasi analogo per la covarianza (che oscilla sempre tra 1 e -1). Tra C e R il valore è pari a 0,72, mentre tra C e A. e tra R e A. tale valore è pari rispettivamente a -0,10 e -0,14. In sostanza indicherebbero che C e R variano all'incirca della stessa quantità e positivamente, mentre rispetto a A. dimostrano di variare poco e negativamente (con segno opposto).
Non facciamoci ingannare da questi ultimi due valori, infatti la covarianza indica di quanto variano assieme le due variabili, per cui comparando una variazione quantitativa di "singoli" rispetto ad una paniere è chiaro che il paniere sarà soggetto a minori variazioni (per il motivo che ho ricordato poco sopra). La covarianza C-R, tra "singoli" - infatti -, è molto forte e potrebbe esserlo ancor di più se non fosse per la differenza iniziale (al punto "ago").

Impressive!
Tali risultati sono piuttosto eloquenti, di talché ritengo imperativo arrestare sin da subito tale coppia di variabili, orsù, prima che la moria di felicità si diffonda nel resto della nostra comunità, acuendosi ulteriormente!








sabato 4 gennaio 2014

About: Trans-Adriatic Pipeline (TAP)

Per TAP si intende comunemente il Gasdotto Trans-Adriatico, ossia un progetto volto a costruire un nuovo gasdotto che connetterà l'Italia e la Grecia, passando attraverso l'Albania, permettendo l'afflusso del gas naturale proveniente dalle zone del Caucaso e - potenzialmente - del Medio Oriente.
Cominciamo a capire qualcosa in più sul progetto in se, poi valuteremo quali sono i connessi problemi di "relazioni internazionali".

La storia

Tutto nasce nel 2003, quando la società EGL Italia Spa (oggi AXPO Italia Spa) controllata dal gruppo svizzero AXPO (attivo nella commercializzazione e trading di energia e prodotti derivati) conduce uno studio di fattibilità sulla creazione di un gasdotto, conclusosi nel 2006 con esito positivo. Viene così creata la società TAP AG, nel 2007, per lo sviluppo e la realizzazione del gasdotto in questione, diventata poi joint-venture nel 2008, quando subentra nel capitale la compagnia di Stato norvegese Statoil e la tedesca E.ON.

Nel 2009 abbiamo il primo accordo formale dove viene maggiormente presa in considerazione l'ipotesi TAP, ossia un accordo quadro Italia-Albania in materia di cooperazione su elettricità e gas, e dove viene ritenuto tale progetto di interesse prioritario.

Nel 2012 il progetto si avvicina alla sua realizzazione effettiva, infatti il Consorzio Shah Deniz (che gestisce dal 1996 il più grande giacimento di gas naturale del Azerbaijan, quello di Shah Deniz appunto) selezionarono il progetto TAP come potenziale percorso di trasporto prioritario del gas prodotto verso l'Europa, firmando un accordo di cooperazione e finanziamento del TAP, regolando la gestione proprietaria della joint venture TAP AG in modo da includere anche i soci del Consorzio (con questo assetto societario). Nello stesso anno viene firmato un memorandum di intesa italo-greco-albanese sulla cooperazione allo sviluppo per realizzare il gasdotto.

Sarà poi nel 2013 che il Consorzio sceglierà effettivamente il TAP quale percorso di trasporto, e che il Governo presenterà l'Accordo Italia-Albania-Grecia - di febbraio 2013 - da ratificare al Parlamento (sarà approvato il 5 dicembre ed entrerà in vigore il 5 gennaio 2014). il 17 dicembre 2013 il Consorzio ha preso la decisione finale di investimento sul progetto di sviluppo del giacimento, successivamente gli azionisti del TAP AG hanno preso la decisione definitiva di costruzione del gasdotto.



Il TAP partirà dalla città greca di Kipoi, all'estremità est della Grecia, attraverserà tutto il Nord della Grecia, tagliando a metà l'Albania e proseguendo offshore nell' Adriatico fino a ricollegarsi in Puglia, presso San Foca, con la rete SNAM.





E' stato riconosciuto dal Parlamento e dal Consiglio dell'UE quale progetto di interesse comune in particolare riguardo lo sviluppo della rete trans-europea di energia TEN-E e la diversificazione dell'approvvigionamento energetico. L'UE ha infatti finanziato lo studio di fattibilità e di basic engineering.

Bisogna però precisare che il TAP rientra in un più vasto progetto denominato Shah Deniz Stage 2, che ha l'obiettivo di incrementare la produzione di gas nel giacimento di Shah Deniz e garantire un passaggio più veloce e sicuro per il mercato europeo. Il passaggio successivo allo sviluppo dei giacimenti, e intermedio rispetto alla realizzazione del TAP, è la creazione della Trans Anatolian Pipeline, che dovrebbe trasportare il gas lungo lungo tutta la Turchia.



Fra l'altro, rispetto alle altri varianti nel corridoio meridionale del gas (Nabucco, che ha perso la gara di aggiudicazione dei giacimenti; nella foto è la linea azzurrina) è una delle più dirette e che attraversa meno Stati (dal punto di vista italiano). 


Ora che sono state poste tutte le basi affinché il progetto venga attuato, e sia attivo nel 2019, resta da capire da dove nasce questa "esigenza". Le motivazioni sono principalmente due, una riguarda lo scenario internazionale e l'altra quello energetico.

Scenario internazionale

La Russia è il più grande esportatore di gas naturale e ovviamente sfrutta la sua posizione dominante in Europa per tenere politicamente e economicamente sotto scacco i paesi che si "servono" col suo gas. Questa è stata sicuramente la prima motivazione, in ordine storico, che ha spinto alcuni paesi europei - e non solo - a cercare vie di approvvigionamento energetico alternative rispetto a Mosca. Già negli anni precedenti molti paesi limitrofi e dipendenti dal gas russo avevano cercato di diversificare paese di importazione, per non parlare degli scontri che ci sono stati con paesi quali l'Ucraina e che si sono ripercossi su tutto il resto d'Europa.

Scenario energetico

Un secondo motivo, che ha preso piede più recentemente, riguarda la cosiddetta diversificazione energetica delle fonti di approvvigionamento, sia nell'ottica di un risparmio in bolletta (maggiore concorrenza di prezzo) sia nell'ottica di uno spostamento dai combustibili fossili più inquinanti verso le energie rinnovabili e il gas naturale (un obiettivo sostenuto soprattutto in ambito UE).
Per quanto riguarda lo scenario nazionale generale, le stime governative (nella relazione illustrativa in particolare) parlando di una produzione di gas in calo nei prossimi anni, per cui, stando a queste stime, il minor import e consumo non sarebbe comunque in grado di compensare la bassa produzione interna, quindi il gasdotto "sarebbe" da fare. Dall'altra parte abbiamo il Comitato NO TAP, che sostiene l'esatto opposto ed è fortemente preoccupato per l'impatto ambientale dell'opera, nonché per gli ulteriori lavori necessari per far confluire il gas in arrivo alla rete nazionale.


E adesso?

Dopo questa importante novità, i vari progetti in corso vanno comunque avanti (South Stream, North Stream, ITGI...) mentre l'unico vero cambiamento riguarda il Nabucco, che sarà accantonato oppure dovrà essere completamente rivisto nell'ottica di mantenere solo una parte del progetto iniziale (per esempio sfruttando le linee createsi in Turchia).
Comunque sia, fino al prossimo decennio, non sarà possibile beneficiare degli effetti positivi di quest'opera (in termini di "bolletta energitica") e quindi non vi saranno particolari cambiamenti, se non l'esborso iniziale derivante dalle spese di missione per le riunioni annuali della Commissione che si occuperà della supervisione dell'opera, per ben 1.155 euro ogni anno.