lunedì 23 dicembre 2013

Residenza virtuale

La questione della residenza è sempre stato un problema molto sentito, a Torino, un problema che con l'inizio dell'occupazione dell'area ex MOI è andato aggravandosi (attirando un'attenzione mediatica lievemente maggiore rispetto al solito), unendosi alle recenti e più intense iniziative e manifestazioni sul diritto alla casa, e in particolare alla residenza.

Qui a Torino, la maggioranza politica è sempre stata contraria a un'estensione generalizzata della residenza, perché si paventava l'illegalità della concessione di tale titolo a persone che okkupavano abusivamente uno stabile, come avviene in molti casi (non ci soffermeremo qui sulla regolarità giuridica di un'occupazione, in quanto la giurisprudenza è abbastanza varia e valuta sostanzialmente per macro-casi). Questo ha portato sin da subito ad uno stallo, per cui mentre altri temi altrettanto controversi (quali il diritto alla casa) venivano affrontati con maggiore conciliazione e sensibilità, le questioni "residenza" e "migranti" sono state accantonate perché complicate (per via delle competenze quasi esclusivamente statali) e costosa (il bilancio comunale è un bel po' che "piange").

Dopo numerosi richiami e proteste, rimasti pressoché inascoltati, il 10 dicembre, la Giunta Comunale (nelle persone del Vicesindaco Tisi, Ass. Gallo e Tedesco), ha proposto al Consiglio di approvare l'istituzione della residenza virtuale di via della Casa Comunale n.3, per consentire l'iscrizione anagrafica, in tale via, alle persone straniere titolari di permesso di soggiorno per motivi di protezione internazionale o umanitaria, senza fissa dimora o senza tetto, semplicemente fornendo tutti gli elementi necessari e utilizzando tale permesso di soggiorno come documento utile, qualora non disponibili altri documenti. Tale proposta è stata recepita e approvata poche ore fa dal Consiglio Comunale.
Si tratta di un espediente innovativo: creare un apposito indirizzo, e di conseguenza una residenza, "fittizio" (appunto) in quanto non esistente, ma utile a consentire a tali persone l'iscrizione anagrafica e la relativa attribuzione di codice fiscale e tessera sanitaria, strumenti indispensabili per accedere ai servizi cittadini essenziali e anche solo pensare di inviare un curriculum. Infatti, pur avendo pochissime competenze in materia (ricordiamo la prevalenza del livello statale sugli altri), il Comune ha sfruttato al massimo l'unica sua funzione veramente determinante, in questo campo, e cioè l'Anagrafe: in questo modo, una volta rispettati i requisiti di legge, se si riscontra la volontà di mantenere a Torino il proprio "centro d'affari" o la propria dimora e rientrando in uno dei casi particolari indicati, l'Amministrazione non può negare il diritto alla residenza.

Bisogna ricordare che questo strumento oltre ad essere un semplice espediente, è di fatto un palliativo che dovrebbe in qualche modo attenuare il contrasto occupanti-Comune, senza alcuna pretesa di risolvere il problema della figura dello straniero irregolare (e del conseguente reato di immigrazione clandestina), infatti è previsto dallo stesso testo che tale facilitazione ai fini anagrafici vale esclusivamente per coloro che sono titolari di un permesso di soggiorno per motivi di protezione internazionale o umanitaria, senza fissa dimora o senza tetto. E più di questo non potrebbe comunque essere, per il semplice fatto che altrimenti il Comune oltrepasserebbe le sue competenze, violando deliberatamente una legge statale.

Inoltre, questa gentil concessione del Comune è una "semplice" attribuzione di un diritto, non accompagnata da nessun impegno pratico-economico dell'Amministrazione, che quindi per ora si limita a riconoscere questi migranti come meritevoli della tutela giuridica di base, senza però stanziare nulla a loro favore o prevedendo particolari percorsi di re-inclusione socio-economica. Questo per ora, poi vedremo cosa elaboreranno dopo questi ultimi sviluppi legislativi...

Una vittoria di Pirro, dunque? Non necessariamente. La recente ondata di "sensibilizzazione" riguardo al tema più ampio dei migranti e i vari tentativi di mediazione e risoluzione fatti propri dagli Enti Locali in tutta Italia potrebbero essere la spinta ideale per far capire al Governo che ormai la situazione è insostenibile e che è ora di mettere mano alla normativa, prima che questi input (manifestazioni, occupazioni, iniziative delle amministrazioni locali) diventino ingestibili.

"Non cazzeggiamo", direbbe un grande politico che mi ha preceduto...

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