martedì 14 gennaio 2014

"Del sistema elettorale" (2)

Dopo la prima dichiarazione di incostituzionalità parziale del "Porcellum", alla fine sono arrivate anche le motivazioni.

Come già indicato, la Corte ha contestato tale sistema nella parte in cui prevede un premio di maggioranza - senza che sia raggiunta una soglia minima di voti (con il rischio, perciò, di una sovra-rappresentanza) - e nel meccanismo delle liste bloccate - in quanto non permettono di esprimere una preferenza.

Detto questo, non vuol dire che il Parlamento decade e ogni precedente (o ulteriore) atto da questo preso sarà invalido, poiché il buon senso stesso dovrebbe rendere evidente che Camera e Senato vanno avanti comunque, secondo il principio di continuità dello Stato, in quanto organi indispensabili e costituzionali (un meccanismo di voto parzialmente incostituzionale non può invalidare retroattivamente quanto fatto).

Insomma, gli effetti di questa sentenza saranno visibili nella prossima tornata elettorale, e semmai non dovesse essere cambiata per tempo la legge, sarà da subito applicabile un sistema proporzionale puro e senza premio di maggioranza (del resto, indica la Corte, alcuni aspetti normativi come il voto di preferenza posso essere modificati mediante criteri interpretativi e normativa secondaria, mentre si aspetta una nuova legiferazione)

Ne avevamo già parlato, in generale, qui, ma ora il quadro si è delineato del tutto ed è il momento di pensare al futuro sistema di voto italiano.

Rimangono ora aperti due ordini di problemi:
1) Cambiare la normativa elettorale per recepire i "precetti" della Corte Costituzionale;
2) Valutare quali modifiche attuare, così da affinare al meglio il sistema di voto (tenuto conto di tali "precetti").

1) Le alternative sono molteplici, ma un punto è chiaro: il premio di maggioranza va abolito o fortemente condizionato, l'elettore deve poter indicare la preferenza, le liste non dovrebbero essere bloccate (o se lo sono, devono contenere pochi nomi).

Oltre a queste prescrizioni, ogni altro aspetto può essere deciso liberamente.

2) Posto il punto uno, le alternative presenti nel panorama politico attuale sono principalmente un modello alla spagnola o un maggioritario uninominale. Nel primo caso, si tratta di un proporzionale fortemente corretto con soglia di sbarramento al 3%, liste bloccate ma molto corte e dove i pochi seggi in palio sono sparsi tra le molte circoscrizioni; nel secondo, di una o più votazioni consecutive, dove viene messo in palio un unico seggio per collegio/circoscrizione e chi prende più voti lo vince.
Ovviamente il dilemma è sempre lo stesso: voglia più rappresentatività (primo caso) oppure più governabilità (secondo caso)?

Queste sono le due proposte più significative attorno a cui ruota il dibattito. Cominciamo col modello spagnolo.
Valuteremo solo la Camera, in quanto il Senato ha una connotazione istituzionale diversa (così come da noi è "regionale"), quindi soggiace a regole diverse, di solito.

In Spagna, il Congresso (omonimo della nostra Camera) è composta da 350 deputati, ogni circoscrizione elettorale corrisponde ad una Provincia e ad ogni Provincia spetta un numero minimo iniziale di due deputati, perciò, tenendo conto che le Province sono 50 (più Ceuta e Melilla, cui spetta un solo deputato), i seggi già assegnati sono 102.

I restanti 248, invece, sono attribuiti proporzionalmente, fatto salvo una clausola di sbarramento per le candidature che non superano il 3% dei voti nella singola circoscrizione.
Il procedimento di distribuzione consiste nella determinazione di un quoziente di riparto (248 diviso il numero totale degli aventi diritto di voto) e dividendo il totale degli aventi diritto di voto - nella singola circoscrizione/Provincia - per questo quoziente, si otterrà il numero di deputati spettante.

Il meccanismo di distribuzione effettivo si ispira al Metodo d'Hondt: all'interno della singola circoscrizione si suddividono i voti totali di ciascun candidato in ordine decrescente, poi si divide questo valore per 1,2,3 e così via (a seconda del numero di seggi da attribuire) e i seggi vengono assegnati in base ai risultati ottenuti da questa divisione.
Più facili a farsi, che a dirsi. Meglio un esempio: Circoscrizione Madrid elegge 8 deputati; voti totali 480mila, così suddivisi, 168mila A - 104mila B - 72mila C - 64mila D - 40mila E - 32mila F

A: 168.000 - 84.000 - 56.000 - 42.000 - 33.600 - 28.000 - 24.000 - 21.000
B: 104.000 - 52.000 - 34.666 - 26.000 - 20.800 - 17.333 - 14.857 - 13.000
C: 72.000  - 36.000 - 24.000 - 18.000 - 14.400 - 12.000 - 10.285 - 9.000
D: 64.000 - 32.000 - 21.333 - 16.000 - 12.800 - 10.666 - 9.142 - 8.000
E: 40.000 - 20.000 - 13.333 - 10.000 - 8.000 - 6.666 - 5.714 - 5.000
F: 32.000 - 16.000 - 10.666 - 8.000 - 6.400 - 5.333 - 4.571 - 4.000

Nella prima colonna abbiamo i voti totali per ciascun candidato. I voti totali di ogni singolo candidato vanno divisi per 1,2,3 ecc. fino ad 8, dando i rispettivi risultati indicati nelle colonne da 2 a 8. Ci sono 8 colonne perché dobbiamo eleggere 8 deputati. I risultati in grassetto sono i primi 8 di quelli più alti, tra tutti i valori presenti, perciò ad essi andranno un seggio ciascuno; in tal caso vuol dire che A ottiene 4 seggi, B due, C e D uno, E e F niente.

Per concludere, va detto che le liste sono bloccate e devono recare un numero di candidati pari ai seggi da assegnare; nessun candidato può concorrere in più di una Circoscrizione.

Conclusa la prima disamina, va sottolineato quanto poco proporzionale sia in realtà il modello spagnolo!
Infatti, il basso numero di seggi totali, l'elevato numero di Circoscrizioni, il metodo d'Hondt e i seggi attribuiti di diritto portano ad una sovra-rappresentazione dei partiti maggiormente presenti a livello nazionale (o quelli regionali forti) e delle Circoscrizioni meno popolose. Questo, combinato con la soglia di sbarramento al 3%, determina un notevole effetto maggioritario.

Nonostante tale impostazione, questo modello tenderebbe ad accentuare la frammentazione, portando ad una sovra-rappresentanza di alcuni partiti più piccoli (quindi alla solita necessità di accordi con questi, aumentandone notevolmente il potere negoziale), considerando poi la difficoltà dei grandi partiti nostrani a raggiungere soglie di voti significative (per esempio intorno al 40%).
Ecco perché tale sistema, così com'è, non sembra essere ottimale per la realtà italiana. Viceversa, se corretto, aumentandone la soglia di sbarramento (al 5%, per esempio, sulla falsariga tedesca) e mitigando l'attribuzione minima iniziale di legge - senza escludere poi l'eventuale possibilità di un mini premio di maggioranza condizionato - è forse possibile trovare un punto di accordo più pacifico e utile.

Passiamo ora al maggioritario uninominale.

Ne esistono due tipi principali: a turno unico e a doppio turno.

- Il primo, generalmente riferibile al modello inglese, prevede che ogni Circoscrizione/Collegio elegga un deputato e che il vincitore sia quello che ha preso più voti (il c.d. first past the post). Molto netto, decisamente maggioritario.

- Il secondo, generalmente riferibile al modello francese, prevede che ogni Circoscrizione/Collegio elegga un deputato, ma vince solo chi raggiunge il 50% +1 dei voti, altrimenti si vota una seconda volta (doppio turno, appunto); alla seconda tornata, però, possono partecipare solo coloro che avevano raggiunto almeno un ottavo delle preferenze degli aventi diritto (ossia circa il 20% dei voti validi) e chi raggiunge la maggioranza relativa, vince.

Il maggioritario è abbastanza intuitivo: serve a garantire Governi stabili, penalizzando più (nel primo caso) o meno (nel secondo) la volontà popolare, e quindi la rappresentanza. Non a caso è sconsigliato qualora la situazione politica sia di stampo multipartitico.
In Italia sarebbe sicuramente inefficace (più che altro non adatto alla nostra realtà attuale), infatti è sempre stato ritenuto molto "spinto" (anche per questo si parla piuttosto di premio di maggioranza, invece di un maggioritario vero e proprio) e solo ultimamente è stato ripreso da Renzi quale alternativa al Porcellum attuale (una delle tre da lui proposte).
Di nuovo, anche qui sarebbe il caso di mitigare un po' la tendenza netta a favorire la stabilità assoluta dell'Esecutivo.

Quale soluzione?

Un modello poco considerato è quello australiano, che presenta degli spunti interessanti e utili per la realtà italiana: si tratta di un maggioritario uninominale a turno unico molto "particolare", dove all'elettore è chiesto di indicare l'ordine di preferenza per tutti i candidati concorrenti (il c.d. sistema del voto alternativo).
Se dopo il primo scrutinio (ossia dopo il computo delle prime preferenze) nessun candidato avrà superato il 50% dei consensi, si eliminerà l'ultimo candidato (ossia il candidato con il minor numero di prime preferenze) e si distribuiranno le sue seconde preferenze (ossia le seconde preferenze delle schede all'interno delle quali il candidato eliminato è la prima preferenza) agli altri candidati, come indicato; se non sufficiente, si eliminerà il penultimo e le sue seconde preferenze saranno assegnate agli altri con le stesse modalità, e così via. Questo procedimento "eliminatorio" termina quando un candidato sarà arrivato alla maggioranza assoluta dei voti. 

Un esempio è imprescindibile per capirci qualcosa:
Ipotizziamo un Collegio con 4 candidati (A-B-C-D), rispettivamente 4653, 3981, 1527 e 685 voti (per un totale di 10.846 voti); a questo punto, poiché nessuno dei quattro raggiunge la maggioranza assoluta, il candidato con il minor numero di preferenze verrà eliminato (cioè D) e le sue seconde preferenze verranno conteggiate (ossia le seconde preferenze indicate sulle schede dove D è la prima preferenza).
Se ipotizziamo che tutte le seconde preferenze indicate siano state date ad A, mancherebbe comunque il 50% + 1 per A (infatti raggiungerebbe solo 5338, che non è la maggioranza assoluta) quindi sarebbe nuovamente da eliminare il minore (in questo caso C) e conteggiare le sue seconde preferenze etc etc...

...E' un po' macchinoso, ma efficace. 

Innanzitutto, presenta gli evidenti vantaggi di un maggioritario, ma con una diluizione degli effetti più "netti" di questo, tramite una ricollocazione delle preferenze dei candidati meno votati.
Inoltre, tra tutte le opzioni presenti, è quella che più tiene in considerazione le preferenze dell'elettore, poiché presenta un meccanismo elettivo molto articolato, ma basato sul semplice raggiungimento di una maggioranza assoluta all'interno del singolo Collegio. Per di più è un sistema  che tende a favorire i partiti più grossi, sì, ma anche quelli "medi" (e/o geograficamente concentrati), che sarebbero poi quelli che beneficerebbero maggiormente della riassegnazione delle preferenze (anche perché nello scenario italiano è altamente improbabile il superamento della maggioranza assoluta al primo scrutinio). 

Una perfetta via di mezzo.

Un altro grande punto di forza che dà una maggiore consapevolezza all'elettore, da un punto di vista strategico

a) Ipotizziamo una situazione politica in cui ci siano solo cinque partiti (PDL-PD-M5S-Lega-SEL) e ci sia poca differenza tra PDL e M5S, mentre il PD stacca di alcuni punti entrambi ma senza raggiungere la maggioranza assoluta (con gli altri due partiti in coda); è plausibile che un elettore disilluso non di destra e non schierato con nessuna fazione, sapendo che Lega e SEL avranno percentuali simili, possa pensare di votare come prima preferenza Lega, perché sa che non raggiungerà voti percentuali significativi e quindi preferisce che sia SEL il partito con minori preferenze, in questo modo quando ci sarà il "ripescaggio" dovuto al non raggiungimento della maggioranza assoluta, SEL verrà eliminato e le sue seconde preferenze verranno conteggiate.
Data la fazione politica di un elettore medio di SEL, è probabile che la seconda preferenza - nelle schede dove la prima preferenza è SEL - sia il PD, che in questo modo riceverebbe i voti di SEL e potrebbe sperare di raggiungere la maggioranza assoluta.

b) Ipotizziamo la stessa situazione, ma questa volta il PDL stacca di qualche punto (un buon margine, diciamo) il PD, mentre gli altri partiti seguono il PD (ma senza raggiungerlo); è plausibile che un elettore di destra possa pensare di votare Lega come prima preferenza, proprio perché sa che c'è una possibilità di acchiappare qualche seggio e, visto che il PDL è già avanti, non c'è il rischio che vinca la sinistra.

c) Stesso caso di b), però l'elettore è non di destra e non schierato con nessuna fazione; qui è altrettanto possibile che venga indicata come prima preferenza il PD, poiché l'elettore è speranzoso in una rimonta (si tratta pur sempre di sondaggi pre-elettorali), oppure Lega, proprio perché è convinto che il PD non ce la farà e spera pertanto che si ripeta quanto detto in a)

Si tratta di scenari molto complicati e "perversi", però servono solo ad indicare la molteplicità di possibilità che viene lasciata all'elettore, a seconda della situazione politica pre-elettorale che di volta in volta si viene a trovare davanti!

Unico punto da cambiare è probabilmente l'introduzione di una soglia di sbarramento minima, più che altro per evitare che l'elettore debba mettere in ordine di preferenza venti partiti diversi! Infatti in Australia si è dibattuto a lungo sull'obbligo di indicare una preferenza per tutti i candidati (e loro hanno molti meno candidati di noi).

Infine, un altro notevole elemento di spicco di questo sistema è proprio la minor penalizzazione possibile dei piccoli/nuovi partiti (proprio per i motivi presentati negli scenari precedenti), mentre con l'attuale ordinamento molti elettori non sono motivati a recarsi alle urne, pensano che non abbia senso votare i piccoli partiti o addirittura neanche più senso votare.

E' ora di dare uno scossone al nostro sistema di voto!













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