domenica 19 gennaio 2014

Che fine han fatto le "Rassegne Stampa"?

Oggi ci dedichiamo ad una questione spinosa e molto sentita, soprattutto dal popolo del web (nonché da me, *****!). Si tratta della progressiva chiusura di tutti i servizi di Rassegna Stampa (d'ora in poi R.S.) offerti da varie Amministrazioni pubbliche. 

Come mai ne parlo solo ora? Per via dell'avviso di chiusura dell'ultimo servizio Rassegna Stampa disponibile, quello offerto dal Comune di Torino (che ovviamente riguarda più che altro le notizie locali). In questo modo, l'unica Rassegna a rimanere in piedi è quella della Treccani, che però deve essere raggiunta tramite "vie traverse", viceversa è richiesta la password.

Cerchiamo di capire a cosa è dovuto questo fenomeno

Tutto deriva dal boom di successo riscosso dal servizio R.S. offerto dalle varie Amministrazioni (Ministeri, Camere, Comuni...), infatti, la diffusione di tali fonti di informazione gratuita tra gli utenti internet, ha portato grande visibilità, e di conseguenza un grande seguito di persone che ne usufruivano.

Ovviamente, questa escalation è stata notata dagli editori di quotidiani, che a causa di questi servizi si vedevano ulteriormente ridotte le copie cartacee vendute e le visualizzazioni sui relativi siti.
Dopo numerose pressioni, la Federazione Italiana Editori Giornali (FIEG, una delle più grandi) è riuscita a raggiungere un accordo in merito alle R.S. di Camera e Senato (le più complete e conosciute), al fine di renderne fruibile l'accesso ai soli parlamentari. Le polemiche furono numerose, ma non sufficienti a mettere in dubbio la posizione della lobby editori-giornalisti.

A complicare il quadro si è aggiunta anche l'emanazione del nuovo regolamento dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) sul diritto d'autore, che desta ulteriori preoccupazioni e dubbi a chi offre gratuitamente servizi di questo tipo, soprattutto per via delle nuove procedure di giudizio messe in atto.

Il Governo, in tutto questo contesto, non è esente da colpe, poiché ha voluto puntare su una linea più dura nel campo del diritto d'autore, così come emerge dal Consiglio dei Ministri n.40: "disposizioni di tutela del diritto d’autore quale strumento per la soluzione delle controversie derivanti dall’utilizzo dei contenuti giornalistici da parte dei motori di ricerca o di aggregatori di notizie al fine di contemperare l’esigenza della circolare dell’informazione (sì, dice proprio "della circolare dell'informazione") anche sulle piattaforme digitali con la garanzia del rispetto dei principi in materia di tutela del diritto d’autore". 
Diciamo che, pur non avendo ancora presentato norme al riguardo (oltre al regolamento AGCOM), è evidente la volontà di garantire una più rigida tutela del diritto d'autore, così da tutelare il mercato dell'editoria.

Il risultato è che, anche amministrazioni ed enti come il Comune di Torino o l'Ordine degli Architetti, restringono l'accesso a tali servizi per paura delle possibili conseguenze legali.

Facciamo un passo indietro.
Innanzitutto capiamo cos'è il diritto d'autore e come può essere associato ad articoli esposti su R.S.

Bisogna sapere che la legge che regolamenta il diritto d'autore risale all'epoca fascista (Legge 633/1941), tale legge è poi stata integrata e modificata negli anni (in particolare col Dlgs 68/2003).
A noi interessa in particolare l'articolo 3, "opere collettive", che qualifica giornali e riviste come rientranti in questa casistica e quindi meritevoli di tutela. 

Detto questo, sorgono tre problemi:

1) Essendo riconosciute quali opere da tutelare, vale il diritto esclusivo di riprodurre e quindi è vietata la moltiplicazione  in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell'opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l'incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione (art.13). Di conseguenza solo l'autore avrebbe diritto a sfruttarlo e replicarlo, eventualmente. La stessa Corte di Cassazione si è posizionata su questa linea, perché ha sia riconosciuto l'identità di autore ed editore (nel caso, appunto, di riviste e giornali), sia il fatto che in realtà è l'opera collettiva ad essere tutelata per legge, ma le singole parti (ossia i singoli articoli) sono altrettanto soggette a tutela - anche se si ha una riproduzione di singoli articoli e non di tutta l'opera - altrimenti il diritto d'autore non sarebbe garantito nella sostanza (sentenza 20410/2006).

2) Se anche ricadessero nelle eccezioni indicate all'articolo 65, gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l'utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore, se riportato
Perciò, se l'autore indica in calce "riproduzione riservata" sarà come se avesse inibito la riproduzione di tali articoli, quindi si ricade nelle ipotesi statuite dall'articolo 13.

3) La Convenzione di Berna per la protezione delle opere letterarie e artistiche, la cui ultima revisione risale al 1971 e la cui ratifica da parte dell'Italia risale al 1978, dà una diversa accezione della "rassegna stampa", poiché intende non la riproduzione integrale ma le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche (art. 10). Se guardiamo ai fatti attuali, però, il tema in questione riguarda la riproduzione integrale di articoli in forma di rassegne stampa.

In sostanza, sia dal punto di vista legale che giurisprudenziale, sarebbero corrette le rivendicazioni degli editori, in quanto tali R.S. costituiscono una violazione del loro diritto d'autore.

Se ci spostiamo dal piano pratico-legale a quello teorico, dobbiamo chiederci, però, se non sarebbe più sensato trovare un giusto equilibrio tra le esigenze economiche-intellettuali degli editori di riviste o quotidiani e la notevole garanzia di pluralità dell'informazione concessa agli utenti finali.
Dobbiamo anche considerare che la presenza di un'ampia R.S. gratuita e fruibile a tutti è un enorme incentivo ai cittadini affinché leggano e si informino, per cui permetterebbe una effettiva disponibilità di mezzi e strumenti per partecipare (o anche solo seguire) le attività pubblico-politiche, nonché una maggiore attenzione e presa di coscienza da parte dei singoli.

Dal punto di vista teorico, insomma, non si può non essere a favore di una simile iniziativa. Non resta che trovare questo "equilibrio di esigenze" di cui parlavo pocanzi.

A fornirci uno spunto di questo tipo, è l'ex deputato Giuseppe Moles (Pdl), che aveva aspramente contestato la chiusura al pubblico della R.S. e a cui si devono le informazioni riguardanti l'accordo FIEG-Camera dei deputati sulla fruizione della R.S. online (in sostanza la FIEG ha ottenuto che la R.S. venisse effettuata a titolo non oneroso ma ai soli deputati o soggetti titolari di un interesse istituzionale).

Ebbene, Moles proponeva per esempio due soluzioni: caricare la R.S. in orari tali da non compromettere i giusti interessi delle aziende editoriali, oppure tramite i necessari accorgimenti legali ed amministrativi, richiedere la sottoscrizione di un abbonamento da parte degli utenti che, a fronte del pagamento di una fee simbolica, avrebbero potuto continuare la preziosa consultazione della rassegna stampa

Aggiungerei altri due spunti: 

- Non può farsene carico interamente (o quasi) lo Stato? Stiamo parlando di un semplice servizio di R.S. essenziale, che non richiede costi esorbitanti e soprattutto non richiede che venga effettuato da tutte le Amministrazioni (come invece era fino a due anni fa), visto che sarebbe sufficiente avere la R.S. della Camera, per esempio. Almeno a livello nazionale; se poi il Comune di Torino vorrà farsi una sua R.S. pubblica dovrà pagare un compenso agli editori.

- Ancora meglio, non può essere creata una sola R.S. pubblica che presenti alcuni estratti essenziali dai soli giornali/quotidiani che ricevono i contributi all'editoria, e comunque solamente relativi ad alcuni dei vari contenuti offerti? In questo modo non si può parlare di mancato compenso, visto che tali testate beneficerebbero di contributi pubblici e sarebbero pubblicati solo un numero massimo di articoli rispetto a quelli offerti sul sito della testata stessa.

Insomma, la questione è importante e facilmente sanabile, per cui andrebbe affrontata il prima possibile e tenendo conto degli interessi di tutti, compresi noi cittadini.





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