lunedì 24 febbraio 2014

CIPE e Infrastrutture. Parte III

Ora che abbiamo visionato tutte le premesse del caso e abbiamo una conoscenza generale di quanto perseguito e fatto dal Governo, delle criticità e dei punti di sviluppo su cui agire, possiamo passare ad esaminare la situazione infrastrutturale italiana, secondo quanto emerge dal PIS.

A tal fine dobbiamo basarci su quanto esposto nella Tabella 0 dell'Allegato, dove viene riepilogato l'aggiornamento complessivo (a marzo 2013), e articolato per famiglie di intervento, l'evoluzione degli interventi rientranti nella nozione di "infrastrutture strategiche" (confluiti nella Legge Obiettivo).






Possiamo qui vedere l'articolazione per famiglie di intervento, della Tabella 0, con relativo coinvolgimento CIPE (non in tutti i casi), costo e stato avanzamento.
Questa è una fotografia delle infrastrutture strategiche italiane (così considerate dai vari Governi, dal 2001 ad oggi).

Vediamo ora un po' di dati al riguardo.

Sul valore complessivo del PIS, pari a 232 mld circa, il valore di quanto deliberato dal CIPE è pari a 127 mld (di cui 81 già con una copertura finanziaria).
Il valore delle opere ubicate al Sud è pari a 70 mld (circa il 30%).

Per poter avere un'idea più chiara, però, è necessario esaminare l'evoluzione dei tempi, delle opere, dei costi, e così via, nel tempo e sulla base di parametri omogenei.

A tal fine il miglior punto di partenza da cui cominciare è il "Rapporto sullo stato di attuazione della Legge Obiettivo", redatto dal Servizio Studi della Camera, che ci fornisce una analisi dettagliata di tale situazione (il rapporto è stato presentato a inizio febbraio 2014).

Il Rapporto prende in considerazione 1.359 lotti, tra infrastrutture, interventi e sottointerventi relativi alle 403 infrastrutture del PIS (al netto di cinque procedimenti interrotti), per un costo presunto di realizzazione di 375,3 mld.
L'analisi parte dai documenti presenti nel PIS (la Tabella 0 di cui sopra) e aggiunge altre opere non presenti nel PIS, ma che permettono una disamina più completa (anche di opere e interventi correlati a quelli indicati): gli Allegati 1,2,3,4 alla delibera CIPE 121/2001, quanto presenti negli Allegati Infrastrutture antecedenti all'ultimo, Intese Generali Quadro (anche con RFI, per esempio) e atti aggiuntivi sottoscritti antecedentemente al precedente Allegato Infrastrutture.
Così facendo, dai 232 mld indicati nella sola Tabella 0, si passa a 285,5 mld di interventi rientranti nel PIS, più altri 89,8 mld di altri interventi esclusi da tale perimetro. Per un totale di 375,3 mld.
Inoltre, dei 285,5 mld indicati, 138,2 mld (48%) è relativo alle delibere CIPE.

Andando a verificare l'evoluzione del PIS (sempre da considerarsi nella metodologia di ricostruzione attuata da tale Rapporto) negli anni, a partire dal primo monitoraggio del 2004, vediamo che si è passati da 228 opere per un costo di 223,3 mld fino alle 403 attuali per un costo di 375,3.

Le disponibilità finanziarie ammontano a 163,3 mld, tali da coprire il 44% del costo dell'intero PIS.
Esaminandone la composizione, notiamo che 57 mld (il 34,9%) derivano da finanziamenti dei gestori privati di autostrade, metropolitane, porti, interporti, reti idriche ed energetiche, mentre i restanti 106,3 mld derivano da fonti pubbliche.

Le risorse private aumentano da 53 a 57 mld, ma resta stabile al 20% la percentuale di opere per le quali è prevista una contribuzione privata (72 mld). Inoltre, la ripartizione di quote di infrastrutture da realizzare con capitali privati  è pari al 28%, nel Centro-Nord, e al 5%, al Sud, ed è in linea col precedente Rapporto; tale dato non è da confondere con la quota di sole risorse private in relazione al territorio (che comunque presenta un trend analogo), pari al 45%, nel Centro-Nord, e 10%, al Sud.
In generale, il costo delle infrastrutture realizzate al Centro-Nord è pari a 232 mld (225, l'anno precedente) e 140 al Sud (oltre 147, l'anno precedente, grazie al Ponte sullo Stretto, oggi tra le cinque opere interrotte).

Il Rapporto tende a sottolineare come il Partenariato Pubblico-Privato (d'ora in poi PPP) si rilevi "indispensabile per la realizzazione di una parte importante del PIS". Infatti è effettivamente così, ma non bisogna, però, trascurare la marcata crisi che ha caratterizzato il settore dal 2011, sia per le difficoltà di accesso al credito (non vengono prestati soldi ai privati per investire in grandi opere, meno che mai se con partner pubblici), sia per il "persistere di diverse criticità legate al percorso decisionale, tecnico e realizzativo".

Costo (colonna 1), disponibilità finanziarie (colonna 2) e fabbisogno residuo (colonna 3) per macro-opera


Ripartizione di costi, disponibilità e fabbisogno per tipologia di opere


Guardando alla tipologia di opere, vediamo che la fanno da padrone le opere stradali (48% del PIS, rispetto al 46% precedente), le opere ferroviarie (39%, stabile) e le opere metropolitane (6%, rispetto al 7% dell'anno prima).

Una precisazione: la bassa percentuale di disponibilità finanziarie rispetto al fabbisogno totale non deve sempre sintomo di ritardo o mancanza di finanziamenti (comunque più avanti andremo più nel dettaglio e capiremo quanto sia sintomatico o meno di tale situazione).

Veniamo ora allo stato di attuazione.





Nella prima Tabella vediamo una fotografia dell'attuale stato di attuazione dell'opera (a seconda della fase), mentre nel secondo grafico ne vediamo l'evoluzione nel tempo.

Si nota subito la maggiore incidenza delle opere in progettazione e ultimate, rispetto a quelle in gara, affidate o in corso di esecuzione.
Nel grafico soprastante, poi, vediamo un dato positivo, ossia la maggior incidenza negli anni delle opere ultimate rispetto al totale, pari a 47 mld nel 2013 (6,3 mld in più dell'anno precedente, grazie al completamento di alcuni lotti).

Vediamo ora lo stato di attuazione relativo alle 26 macro-opere, così come identificate dal CIPE nel PIS (elencate nella quartultima tabella).




















Rispetto alla situazione vista in termini di macro-opere, è "confermato uno stato più avanzato tra le opere medio piccole incluse in programmi edilizi (sedi istituzionali, edilizia penitenziaria, 150°) e tra le opere del corridoio plurimodale dorsale centrale".
Le macro-opere con un avanzamento limitato per oltre l'85% alla fase di progettazione sono il sistema valichi (94%, era al 95% l'anno precedente) e il corridoio plurimodale tirreno-brennero (87%, stabile).

Questa era la situazione generale delle opere monitorate.

Per avere una maggiore contezza dell'attività del CIPE e delle opere da questo deliberate (che assumono una centrale importanza nell'analisi del PIS), è necessario scendere nel dettaglio delle sole 199 opere deliberate dal CIPE al 31 ottobre 2013, per un importo pari a 141 mld.
Rispetto ai 141 mld totali, le risorse disponibili ammontano a 84,3 mld e coprono il 60% del costo.
La ripartizione di tale importo è di 57,9 mld pubblici e 26,4 mld privati.




Rispetto al precedente Rapporto, si evidenzia un avanzamento, soprattutto nell'ambito delle fasi successive alla gara che portano all'avvio dei lavori (140 opere rispetto alle precedenti 138), però persiste la difficoltà nell'avanzamento progettuale e nella messa a gara, anche a causa delle limitate risorse pubbliche e della crisi in atto (che, in aggiunta, penalizzano anche il ricorso al PPP).

Per quanto riguarda il "rispetto dei tempi di ultimazione, dell’ultimo monitoraggio confermano ancora una volta la tendenza al ritardo, di almeno un anno, anche a causa delle varianti e del contenzioso, nonché della crisi finanziaria e del fallimento di alcune imprese esecutrici dei lavori".





La situazione più critica la troviamo nell'ambito dei costi, come al solito, per cui possiamo notare dalla Tabella soprastante come a fronte di 98 opere (scelte, poiché chiaramente identificabili e rimaste tali nel periodo 2004-2013) per la cui realizzazione si imputavano 65,9 mld, ci si ritrova ad ottobre 2013 con 24,7 mld di variazioni in aumento!
Questo evidenzia in modo chiaro e netto la mancata capacità dei responsabili pubblici di saper gestire l'evoluzione dell'opera, nelle sue varie fasi, in modo puntuale e senza scostamenti significativi di costo.





Per quanto riguarda il fabbisogno residuo, invece, questo risulta mediamente in linea con le necessità (è per quello che precedentemente sottolineavo come non bisognasse farsi ingannare dalle differenze tra disponibilità e costo), risultando minimo per le opere il cui completamento è previsto entro fine 2014 (fabbisogno al 2%, come in Tabella) e del 11% circa per le opere da completare successivamente ma entro il 2020.
Si tratta di buoni risultati, se consideriamo che l'89% delle disponibilità, necessarie e relative alle opere 2015-2020, sono già state stanziate.


Quali conclusioni trarre da queste due relazioni?
Diciamo che, da un rapporto di 359 pagine, ci saremmo aspettati qualche monito e qualche consiglio in più sul da farsi (o quanto meno più tecnico).
Comunque sia, abbiamo capito che bisogna agire per contrastare le criticità economiche, dovute alla crisi, che hanno creato una difficoltà nel reperimento delle risorse per nuovi o già esistenti interventi (a fronte di fabbisogni temporali ben programmati), il non adeguato monitoraggio delle opere, che tende quindi ad incrementare i costi negli anni, e infine i ritardi di breve periodo pressoché fisiologici (nonostante una spinta al completamento delle opere, negli ultimi anni).
Questi sono i punti critici del settore infrastrutture strategiche.

Ora che sappiamo qual è la situazione e quali sono i punti deboli, dobbiamo capire dove andare a modificare o intervenire per migliorare, perché un conto è conoscere il contesto con cui abbiamo a che fare, e un'altra cosa è dare prescrizioni e suggerimenti utili su come riadattarlo.

Ed è quello che vedremo nel prossimo post.











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