sabato 13 aprile 2013

Riduzione del debito pubblico e coinvolgimento dei cittadini

Sì, il titolo non è un granché e forse è troppo lungo ma è difficile sintetizzare la proposta che ho elaborato per ridurre il debito pubblico, così che l'UE smetta di insistere con l'austerità, e contestualmente utilizzare strumenti non convenzionali come il coinvolgimento dei singoli cittadini (visto che per gli strumenti convenzionali non ci sono soldi e serve molto più tempo).

Recentemente il Governo Monti ha introdotto la possibilità di effettuare una "donazione" allo Stato per l'abbattimento del debito pubblico, donazione che viene portata in detrazione (minori tasse) nei vari modelli di dichiarazione fiscale (730 e Unico) per un importo pari al 19% della donazione:
per es, dono 1000 euro e nella dichiarazione ho diritto ad avere minori tasse per 190 euro (19%).

In un periodo del genere, pensare che qualcuno abbia davvero soldi e soprattutto sia intenzionato a buttare denaro per ridurre di qualche milione il debito pubblico è impensabile, e in generale questo provvedimento è un enorme fallimento (a meno che non siano veicolati nel fondo i risarcimenti per danni erariali nei confronti dello Stato, con il coinvolgimento della Corte dei Conti).
Anche dal punto di vista economico vale la pena di mostrare le lacune del progetto: se io dono 10 milioni allo Stato per questo fine ho diritto a minori tasse per 1,9 milioni, di conseguenza lo Stato ha minori incassi per 1,9 milioni (per via del costo di questa agevolazione) perciò l'ammontare finale che finisce a diretta riduzione del debito è di "soli" 8,1 milioni.

Ora che abbiamo ridicolizzato un po' Monti possiamo passare avanti...

Il problema di fondo è trovare un modo per coinvolgere i cittadini nel progetto di riduzione del debito pubblico, che si rifà al più esteso intento di "austerità" richiesto dall'UE per paura di non riuscire più a gestire la situazione (come se prima fosse riuscita a gestirla...).
Perché coinvolgere i cittadini? Per il semplice fatto che i mezzi tradizionali di riduzione del debito sono lenti (il pareggio di bilancio richiederà almeno qualche anno per dare i primi frutti e il Fiscal Compact richiederebbe risorse che attualmente non ci sono) e soprattutto anche se riguardano il bilancio dello Stato, in realtà colpiscono direttamente e indirettamente tutti noi contribuenti e non (per cui noi siamo in un certo senso già coinvolti).

Premessa
Per valore nominale di un titolo si intende il valore teorico di base del titolo stesso, che corrisponde al prezzo di acquisto iniziale del titolo e al rimborso finale ma non è detto che corrisponda al prezzo di vendita nel periodo intermedio (nella maggior parte dei casi, tra cui questo), per esempio: lo Stato emette BTP per un valore nominale di 1.000 euro l'uno (che corrisponde al prezzo di acquisto) e mi garantisce un determinato rendimento annuo più il rimborso finale del valore nominale (1.000 l'uno) alla scadenza; se però io vendo il titolo prima della scadenza sul mercato è possibile che il prezzo di vendita sia 1090 (oppure inferiore al valore nominale), tutto dipende dal valore che il mercato gli attribuisce (valore che probabilmente differisce da 1.000 euro perché vengono considerati fattori come le commissioni, i volumi di scambio e notizie negative).
Per detrazione fiscale si intende una somma che può essere portata in diminuzione del reddito al momento della dichiarazione fiscale annuale; tale somma non può MAI superare le tasse stesse, diventando un credito verso lo Stato: se devo pagare 5.000 euro di tasse ma ho diritto a detrazioni (da lavoro dipendente, da affitto, da spese mediche ecc) per 6.000, potrò detrarre solo 5.000 euro.
Gli interessi corrisposti dallo Stato sui titoli di debito pubblico quotati (BTP, BOT, CCT ecc) sono assoggettati ad un'imposta del 12,5% alla fonte (cioè lo fa la banca presso cui abbiamo il conto, senza che noi dobbiamo dichiarare niente e senza che questi interessi vadano a formare il reddito complessivo su cui paghiamo le imposte), sono proprio tassati a parte rispetto al resto.

Cosa fare?
Ampliamo il meccanismo della detrazione fiscale (minori tasse) in un modo conveniente per il cittadino e per lo Stato, prendendo come riferimento il possesso di titoli di Stato quotati (BTP, BOT ecc).
Per es, guadagno 25.000 euro l'anno (su cui pago l' IRPEF per 6.150 euro) e ho 5.000 euro di titoli di Stato (si ricordi che ogni titoli di Stato ha un valore di base di 1.000 euro) che mi danno il 4% l'anno ciascuno;
Sviluppiamo nel tempo questa situazione: nel 2012 avrei perciò un'entrata di 200 euro (interessi dei titoli di Stato, 4%*5.000) che diventano 175 al netto delle imposte sui tali titoli (12,5% del guadagno cioè 200) e infine avrei un'uscita di 6,150 euro di imposte.
A questo punto lo Stato potrebbe proporre a tale cittadino di rimborsargli subito il 60% del valore nominale dei titoli che possiede (3.000, la metà di 5.000), chiedendo in cambio l'annullamento del titolo, non pagando gli interessi nell'anno in questione e contestualmente dandogli però la possibilità di detrarre dalle imposte l'ammontare di soldi persi (gli altri 2.000 euro).

Riepilogando:
nell'ipotesi in cui l'individuo non aderisce a tale iniziativa, guadagnerebbe (oltre al suo normale reddito) 175 euro di interessi sui titoli (200 meno 25 di imposte) e pagherebbe imposte per 6.150 euro (normali imposte sul reddito, che non dipendono da quanti titoli abbia o robe simili), per cui il suo reddito complessivo del 2012 passerebbe da 25.000 a 19.025 (- 6150, + 175), sempre con i suoi 5.000 euro di risparmi investiti in BTP;
viceversa l'individuo che accetti, a parità di reddito (25.000), non avrebbe più i 175 euro di interessi (perché se usufruisce della detrazione non potrà beneficiarne), non avrà più BTP (in quanto rimborsati) e avrà 3.000 euro di risparmi (perché il rimborso è stato solo del 60%), però avrà tasse da pagare per 3.650 euro, il che porta ad una situazione di fine anno in cui da 25.000 euro passa a 20.850 (-6.150, +2.000)!
Per cui la situazione patrimoniale-finanziaria del cittadino, nel primo caso consiste in 19.025 euro di reddito più 5.000 euro di investimenti/titoli, mentre nel secondo caso consiste in 20.850 di reddito e 3.000 euro di investimenti/titoli.
A fine anno la seconda opzione comporta 175 euro in meno per chi la scegliesse, per cui per rendere effettivamente accattivante questo strumento possiamo prevedere un'ulteriore detrazione nell'anno successivo, pari al 10% della detrazione precedentemente utilizzata (in questo caso si tratta di 200 euro di detrazione nel secondo anno).
In tal modo lo svantaggio iniziale viene interamente compensato, anche se bisogna dire che in realtà tale svantaggio era molto minore, perché nel primo scenario non era stata tenuta in considerazione la spesa sostenuta per le commissioni sull'acquisto dei titoli (di circa 120-150 euro), perché abbiamo semplicisticamente ipotizzato che i titoli fossero già in possesso dei cittadini.

Dal punto di vista dello Stato come funziona?
Semplicemente lo Stato si troverà ad avere minori entrate per 2.025 (2.000 euro di detrazioni e 25 di imposte sugli interessi), minori uscite per 200 (gli interessi sui titoli, che ora non ci sarebbero più) e minore debito pubblico per 5.000 euro.
In totale si avranno minori entrate per 1.825, un esborso esclusivamente finanziario per 3.000 euro e una riduzione del debito per 5.000.

Può sembrare poco conveniente dal punto di vista statale, però se anche pensassimo che i 1.825 di minori entrate lo Stato sia costretto a rimpiazzarli emettendo nuovo debito pubblico, l'incremento di debito che ne deriverebbe sarebbe comunque maggiore della riduzione avutasi tramite questo strumento (1.825 di maggior debito è minore dei 5.000 in meno acquisiti).

Senza dimenticare un particolare importante:
tutto questo l'abbiamo ipotizzato soprattutto in funzione del rispetto dei rigidi parametri europei su deficit e debito pubblico (soprattutto sul deficit, visto il nostro debito pubblico è comunque più del doppio del limite consentito), infatti facendo riferimento alle regole europee ESA95 per la redazione dei bilanci delle  amministrazioni pubbliche e per la determinazione del debito e del deficit possiamo essere sicuri che anche nel caso di scenario negativo (le minori entrate sono quasi completamente da sostituire con maggiore indebitamento) tale ricorso al mercato non andrebbe a incidere sul deficit totale (ma solo sul debito), permettendo quindi un miglioramento non solo sostanziale ma anche formale (tramite il normale rilevamento annuale) tale da renderci inattaccabili di fronte alle istanze critiche sovranazionali.

A quanto potrebbe ammontare il risparmio pubblico?
Se prendiamo a riferimento i dati 2013 possiamo supporre che a fronte di oltre 1.685 mld di titoli di Stato quotati (al 31 marzo 2013), a gennaio 2013 circa 200 mld sono in mano a residenti (imprese e cittadini, escludendo le banche e le altre istituzioni finanziarie), ossia il 12% circa.
Se applichiamo questa percentuale agli interessi annualmente corrisposti sul debito pubblico (90 circa previsti per il 2013), allora si parla di 10-11 mld potenzialmente "attaccabili".
Ovviamente è necessario mettere un limite alle richieste di detrazione altrimenti il bilancio pubblico non regge, per cui si può ipotizzare al massimo una detrazione per ogni singolo cittadino di 51.000 euro massimo (pari cioè a 85 titoli dal valore di 1.000 euro l'uno, rimborsati al 60%).

Questo è lo scenario ipotizzabile nel 2013
Richieste di annullamento e quindi riduzione del debito per un totale di 30 mld di titoli (volontario oppure imposto dal Governo come tetto massimo 2013), minori interessi per 1,2 mld circa, 18 mld di entrate tributarie in meno, 12 mld di esborso finanziario immediato (o quasi).
L'elemento più oneroso è l'esborso immediato perché costringe lo Stato a privarsi di liquidità di riserva, per cui è il caso che siano utilizzati le entrate destinate al Fondo per l'Ammortamento dei titoli di Stato, i proventi derivanti dal Fondo Patrimoniale per la dismissione del patrimonio pubblico ed eventuali erogazioni di liberalità a favore dell' ammortamento del debito (anche perché tali proventi hanno lo stesso fine della mia proposta, cioè ridurre il debito).
Nel caso in cui non fossero sufficienti a coprire l'esborso iniziale di 12 mld, sarà il caso di ricorrere all'indebitamento a breve termine (meno costoso, per es. BOT) per la parte eccedente "non coperta" e/o prevedere che tale detrazione sia valevole solo ogni due anni (quindi nel 2013, poi nel 2015 ecc) oppure debba essere suddivisa su due anni (la detrazione viene utilizzata nel 2013-14) così che i 18 mld di detrazioni potenziali siano più facilmente spalmabili e si eviti il sovrapporsi delle scadenze del rimborso con quelle della detrazione, raddoppiando l'onere a carico dell'Erario (anche perché dobbiamo tener presente che quando si utilizza una detrazione nella dichiarazione fiscale, questa deve essere riferita ad un evento o reddito sviluppatosi nell'anno precedente: per cui solo chi avrà richiesto l'annullamento dei titoli nel 2013 potrà portarlo in detrazione nella dichiarazione 2014 riferita ai redditi 2013).
Per essere ancora più sicuri riguardo alla copertura finanziaria totale (sia detrazione sia il pagamento dei titoli) possiamo prevedere una rideterminazione delle varie tax expenditures (cioè l'insieme delle detrazioni e deduzioni fiscali concesse dall'Erario) così da garantirsi maggiore copertura tagliando/riducendo quelle meno utili.

Complicato ma vantaggioso...





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