sabato 23 febbraio 2013

Rimettiamo in moto l'economia, 2° parte

Come ogni buon piano, per rimettere in moto l'Italia bisogna effettuare anche grossi investimenti oltre alle modifiche alla spesa pubblica e alla tassazione precedentemente proposte.
Ma non avendo più una lira di nostro, dobbiamo rivolgerci alle opportunità che ci offrono i vari fondi europei destinati ad alcuni paesi dell'UE (che in sostanza servono a renderci un po' più simile economicamente e soprattutto strutturalmente, alla Germania).

Come funziona?
A livello europeo sono messi a disposizione determinati tipi di Fondi a seconda delle necessità:
- FESR (Fondo Europeo per lo sviluppo) sostiene programmi in materia di sviluppo regionale, di potenziamento della competitività, di investimenti nella ricerca e nello sviluppo sostenibile;
- FSE (Fondo Sociale Europeo) si concentra sull’inclusione sociale e su un accesso al mercato del lavoro che sia privo di discriminazioni di genere;
- Fondo di Coesione contribuisce a realizzare interventi nei settori dell’ambiente e delle reti di trasporto trans-europee, si attiva soltanto per Stati membri con un reddito nazionale lordo inferiore al 90% della media comunitaria (riguarda quindi i nuovi Stati membri, la Grecia e il Portogallo, ma non l’Italia).

A livello nazionale il Governo aveva a disposizione le risorse che destinava ai Fondi per le Aree Sottosviluppate (FAS), che dal 2011 si chiama Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC) e che serve a realizzare gli interventi di perequazione tra le varie aree del paese affinché raggiungano tutte lo stesso livello economico-sociale, come prescritto dalla Costituzione (art. 119).

Il solito problema è che a livello nazionale i soldi dobbiamo sborsarli noi, allo stesso modo vale lo stesso dilemma a livello europeo perché si tratta di co-finanziamenti (quindi con una percentuale più o meno variabile di partecipazione italiana).

E di nuovo tutto tace perché mancano i soldi.

Cosa si può fare però?
Sembra una cosa da poco, ma come ci indicava il Sole24Ore pochi giorni fa', se solo si riuscisse a finire le opere pubbliche già in costruzione e per cui sono per di più già stanziati i necessari fondi (semplicemente la burocrazia li blocca), questo sarebbe già un notevole passo avanti e una altrettanto notevole spinta alla crescita infrastrutturale nostrana. E ce lo diceva anche il CIPE (qui) e il Dipartimento del Tesoro (qui) seppure col Governo Monti bisogna ammettere che sono state apportate importanti novità soprattutto in materia di tempi (come indica l'articolo).
Oltre a tempi più ridotti e modalità di decisione più efficaci (entrambe in parte attutate da Monti), l'unico consiglio veramente determinante e non programmabile dallo Stato riguarda l'abnorme e costante contenzioso che si sviluppa non appena si poggia il primo mattone dell'opera; in questo caso l'unica soluzione è garantire tempi di decisione ridotti ai tribunali (in questo caso il TAR e il Consiglio di Stato) tramite un implementazione delle piante organiche di tali tribunali amministrativi (e soprattutto grande formazione dei giudici amministrativi, data la elevatissima complessità della materia).

Inoltre bisogna ricordare che la legge di stabilità da poco approvata ci torna utile, perché essa determina le risorse stanziate per attuare i programmi comunitari co-finanziati (ossia la quota nazionale, che per il 2013 è di 6,8 mld effettivi), nonché le risorse del FSC nazionale (che per il 2013 è di 5,5 mld).

Fortunatamente si può quindi constatare una minima volontà di spesa in questo campo. E' indubbio che stiamo parlando di risorse insufficienti visto che dobbiamo portare il Sud al livello del Nord, e il Nord al livello di Berlino, però è già un inizio e soprattutto se combinata con la riforma fiscale-industriale del post precedente potrebbe quantomeno dare un po' di respiro all'economia.












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