mercoledì 20 febbraio 2013

Rimettiamo in moto l'economia

Ora che si è avuto il tempo di visionare i vari documenti e schede di letture vediamo se ci sono margini di manovra ulteriori per il 2013, così da riutilizzare queste spese per altri fini.

Ovviamente ce ne sono, ma le voci più rilevanti le troviamo nelle ultime due tabelle allegate C ed E (si veda il post precedente per i dati).

Ecco dove agire (nel 2013):
  • 71,5 mln alle università non statali;
  • 137,4 mln di sostegno all'editoria;
  • 160 mln alla Regione Calabria;
  • 696 mln per le unità navali classe FREMM;
  • 1075 mln per gli F-35;
  • 396 mln dal Fondo di garanzia per le piccole-medie imprese (d'ora in poi PMI);
  • 1962 mln di contributo conto impianti alle Ferrovie dello Stato (d'ora in poi FdS);
  • 400 mln per la TAV; altri 200 mln come compensazioni per le FdS e per maggiori interventi da attuare in relazione alla TAV;
In totale si parla di 5,067 mld, una cifra considerevole anche se ovviamente non si può parlare di un azzeramento totale di queste voci a favore di altre.

Facciamo un attimo un passo indietro: riutilizzare qualche miliardo per velocizzare la lenta ripresa dell'economia è un ottimo obiettivo, solo che nel caso italiano andrebbe combinato con un cambiamento nella tassazione e nella struttura industriale. Altrimenti ne rimarrà solo un momentaneo aumento di "reddito" nazionale, mentre i problemi di tassazione attuali saranno sempre presenti.

Spostandoci momentaneamente dal lato delle entrate per esaminare questo problema (1 - 2 documenti ufficiali; 1 - 2 rielaborazioni).

Cambiare la tassazione per renderla più efficiente + favorire la crescita e la specializzazione delle imprese

Cosa fare? 
Piuttosto che agire sulle singole centinaia di tasse presenti nei vari livelli di Governo, concentriamoci sulle più importanti: IRPEF e IRES (L'IRAP la tralascio perché correlata con la spesa sanitaria, quindi meglio non considerarla per ora).
Nella situazione attuale circa 9 mld di IRPEF (sui 149 totali) è pagata da lavoratori autonomi, ditte individuali e società di persone. Altri 37 mld di IRES sono pagati dalle società di capitali (S.r.l. e S.p.A. le più conosciute) e in generale da qualunque impresa non appartenente al gruppo precedente (cioè società di persone).
Normalmente le imprese che giuridicamente sono società di persone o ditte individuali sono quelle più piccole (fatturato ridotto in media) e meno internazionalizzate.
Quello che dobbiamo fare è incentivare queste PMI e ditte individuali ad ingrandirsi, per raggiungere un livello di medio-grande impresa (non squisitamente multinazionale però), per cui si parla di un minimo di 250 dipendenti e di un fatturato di svariate decine di milioni di euro (in media).

Perché questo? 
Solo per permettere a queste imprese di usufruire di economie di scala (minori costi all'aumentare della produzione), di essere più solide nel caso di crisi, di assorbire maggiore occupazione qualificata, di aver bisogno di maggiori investimenti in Ricerca e Sviluppo (d'ora in poi R&S), di avere maggiore potere di contrattazione con le banche e con i mercati finanziari.
Allo stesso modo non ci interessa che tale azienda diventi un colosso multinazionale, perché abbiamo bisogno di un radicamento sul territorio più stretto possibile e perché oltre una certa dimensione potrebbe essere perfino deleterio in termini di posizione dominante sul mercato interno (questo in media, in realtà ci sono anche multinazionali come la Ferrero che mantengono un ottimo volontario radicamento territoriale nonostante la loro espansione mondiale).

Come si fa a convincerle ad ingrandirsi?
Tralasciamo le ditte individuali e ovviamente i lavoratori autonomi. Per quanto riguarda le imprese dobbiamo assoggettarle tutte all'IRES (anche le società di persone), così quando dobbiamo intervenire sulla tassazione non dobbiamo preoccuparci se eventuali benefici vadano più agli altri soggetti IRPEF (più che altro lavoratori dipendenti e pensionati) o alle società di persone.
L'attuale aliquota IRES è del 27,5%. Se ipotizziamo che 6 dei 9 mld IRPEF precedentemente indicati siano le imposte pagate dalle società di persone, possiamo ipotizzare che rendendo tutte le imprese soggette all'IRES, il relativo gettito IRES passi a circa 40 mld annui (per fare cifra tonda e considerando che l'IRPEF ha 5 scaglioni di aliquote).
Riepiloghiamo l'ipotesi di base: se tutte le società (di persone e di capitali) sono soggette all'IRES (27,5%) le relative entrate dovrebbe essere di circa 40 mld. Per cui un punto percentuale in meno o in più di IRES determina maggiori o minori entrate per 1,45 mld circa.
Detto questo, un aliquota unica non è conveniente per il nostro progetto. Ci saranno tre aliquote: la prima varrà per le imprese fino a 10 mln di ricavi di vendita beni o servizi (sarà del 27,5%), la seconda varrà per le imprese fino a 700 mln (sarà del 25%); la terza oltre i 700 (sarà del 28%). 
Ovviamente per un cambiamento del genere sarà necessario consultare la Ragioneria Generale dello Stato, per capire se in questo modo le entrate rimangono più o meno invariate, però l'intento è esattamente quello di non infierire troppo sulle imprese più piccole (anche perché in Italia sono la maggioranza) incentivando il passaggio ad una dimensione più rilevante e più conveniente fiscalmente; una volta raggiunta la seconda fascia, questa è molto ampia, per cui le imprese che arriveranno ai 700 milioni saranno ormai abbastanza grosse da non doversi preoccupare esclusivamente di fattori fiscali ma valuteranno molto quote di mercato e gusti  dei consumatori.

Una volta raggiunti questi obiettivi, verrà indirettamente coronato anche l'obiettivo di una maggiore internazionalizzazione (visto l'assetto dimensionale cercheranno nuovi mercati di sbocco), nonché tutti i vantaggi sopraelencati per l'economia nazionale e l'occupazione.

E ora ritorniamo alle spese della legge di stabilità che avevamo precedentemente indicato.

Data la situazione di necessità potremmo anche pensare di azzerare gli 1,7 mld destinati agli F-35 e alle FREMM, ridurre gli stanziamenti a favore della Regione Calabria, delle università non statali, all'editoria, alle FdS (solo dai contributi TAV però), nonché reindirizzare le risorse del Fondo Garanzia PMI.
Fatto questo dobbiamo fare in modo che tali importi vadano a coprire parte dei crediti dello Stato verso le aziende (di cui spesso ci si lamenta) così da attuare materialmente la direttiva europea sul pagamento dei fornitori a 30 giorni (questa sarebbe una bella botta di liquidità molto utile).
Dobbiamo considerare che alcuni voci di spesa non sono state citate perché non erano da ritoccare, e alcune di queste riguardavano argomenti che non fanno altro che coadiuvare l'obiettivo che ci siamo posti (per esempio crediti all'esportazione, fondi per la ricerca, fondi per opere strategiche ecc...).

Non ho proposto di convogliare queste somme a favore della riduzione del cuneo fiscale per il semplice fatto che è ancora troppo presto per assistere ad una ripresa delle assunzioni degna di nota, per cui anche riducendo il costo del lavoro è probabile che si raggiungano effetti indiretti minori rispetto all'immediato pagamento dei crediti e alle varie agevolazioni previste.
Inoltre per essere veramente determinante questa riduzione del cuneo fiscale dovrebbe essere molto consistente (come sosteneva anche Luca Ricolfi), altrimenti non ci si assume il "carico" di un dipendente (compreso eventuali "grane" legali e fiscali) in più in un momento di stagnazione per un misero risparmio; cioè non è un rapporto causa-effetto immediato, per cui appena rendi più conveniente assumere le imprese ci si buttano a capofitto (questo è un ragionamento molto più liberista).

In tal modo in pochi mesi si può pensare ad un cambio di rotta a favore di una ripresa più veloce di quanto si pensasse per il 2013 (che tutto sommato si prevedeva stagnante o in leggerissima ripresa).

E' un piano modesto...per risorse modeste, appunto.
















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